Una bomboletta in mano e una valigetta stracolma di una potenza di visione esplosiva nell’altra, KayOne, uno degli street artist italiani più famosi riesce anche su supporti come la tela a trasporre tutta la forza del caos stradale.
Comunicato a cura di Marta Menegon
Con un quarto di secolo di esperienza nel writing, osservando i numerosi sketch di preparazione che hanno trovato poi realizzazione su vari muri, si capisce subito la grande passione, la costanza, la ricerca sulla lettera e sulle illustrazioni classiche di ispirazione alla cultura Hip Hop.
KayOne si confronta con il linguaggio delle avanguardie, cattura elementi innovativi, li prende, li sequestra e li riversa silenziosamente, ma con il botto, in strada, in quel teatro urbano e a cielo aperto che tutti ma proprio tutti hanno la possibilità di guardarlo e di farlo, noi spett-attori della strada, di questo funambolico spazio che è allo stesso tempo dentro e fuori.
La street ha sempre portato con sé una riflessione, una differente visione oltre la differenza stessa, oltre il confine, oltre le mura.
L’arte di KayOne è un odore forte che si insinua nel laconico precipizio di uno sguardo, un grande occhio, o piccolo, non importa, nelle tele l’artista lo inserisce, lo nasconde tra le composizioni astratte, tra le botte di colore e gli schizzi total white quasi purificanti da eraser cromofobo anche solo per un istante, un istante di vita intensa, il limite di uno sforzo, la virata di un gesto, una potenza espressiva declinata e che ricorda gli echi dell’espressionismo astratto americano di Pollock o del new dada colante e aggettante di Rauschemberg.
KayOne guarda ai padri e li rimixa, per una gran tutto caotico, assordante, ma a intermittenze rigorose e geometriche, pensate, lunghe, perché l’arte del writing richiede tempo e precisione e l’artista ne ha la coscienza.
E allora diventa impossibile rimanere impassibili davanti a quel tutto assordante di KayOne, lo sguardo viene disturbato ma nell’accezione piacevole, viene sollecitato, in quella centrifuga accesa, dove la bomboletta spray bianca si mischia all’acrilico contro ogni divisione di genere, generando punti di luce focus, vividi e accecanti, vitali come il latte più celebrato nelle pellicole di Kubrickiana memoria, dove anche lì un singolo occhio truccato diventava frontiera violata.
Ma la confusione ritrova anche momenti di logica apparentemente perduta, KayOne usa il lettering alla maniera cubista di Braque, tenendo legati due lembi di un lenzuolo eunuco, figurativo e non figurativo, un astratto distratto?
Forse. Ma noi siamo dentro ad una guerra di cromie pop, quello stesso pop di cui la street spesso si nutre.
Il calibro e lo sparo visivo di KayOne non va mai ingoiato tutto insieme, va sorseggiato a dosi, e solamente così ci si può rendere conto di un attento bilanciamento, di un soppesarsi equilibrato di differenti cariche espressive, tra l’esplosione e l’implosione.
E la città chiama, il legame al sesso, non maschile, non femminile, ma urbano è sempre presente, si fa materia, l’artista infatti ottiene il nero dal bitume e il bianco dalla vernice per le strisce pedonali, ne sentiamo quasi l’odore dell’asfalto, ne percepiamo l’essenza, lo sentiamo sotto le palpebre e sulle ciglia come un mascara, come una stratificazione di memoria visiva che diventa quasi sensuale, e scivoliamo così…across the universe.
Spazio San Giorgio
Bologna
Dal 17 maggio al 21 giugno 2014