L’HAIKU è una tipologia di poesia giapponese, la cui metrica codificata in versi contratti e intensi viene usata per dare voce ad emozioni e suggestioni suscitate da eventi atmosferici improvvisi, visioni della natura o lirismo contemplativo. Ormai un anno fa, nel novembre del 2012, Sandro Lorenzini, noto al pubblico soprattutto come scultore ceramista, ha scolpito, uno dopo l’altro, versi haiku accompagnati da disegni e collages: piccoli dipinti che rapiscono l’occhio e il pensiero grazie alla simmetria delle linee e delle forme, ai contrasti cromatici e alla poesia delle figure. E’ iniziato così un momento introspettivo e contemplativo, una riflessione intellettuale e poetica, un passaggio che ha portato l’artista ad iniziare e a completare una serie di dipinti di grande formato. Il titano da fucina, che nelle notti e nei giorni creava giganti in terracotta, appare ora nel suo studio luminoso più simile ad un San Gerolamo con penna, libro e teschio in mano. La tensione creativa è immutata, anzi è aperta a ventaglio verso la letteratura (Borges, Calvino, Buzzati), la musica (Bach soprattutto), la contemporaneità, il mondo oltre la fisica.
Testo critico a cura di Luca Bochicchio
Lorenzini riparte dalla figura: concretizzazione del pensiero che riveste per lui un significato profondo e strutturale. Nella figura c’è la costruzione, la scelta, la fissità di un ragionamento, di una volontà di rappresentazione che la pura ed effimera immagine non trattiene. Lorenzini si spinge oltre, e precisa che la figura esiste al di fuori e prima dell’uomo. Dal momento in cui sceglie di rivelarsi a uno o ad un altro essere umano è essa a governare il gioco, a farsi rincorrere. Chiede di essere seguita con tutte le forze e, in cambio, ti dona la consapevolezza del tuo lavoro, del tuo essere.
Questa serie pittorica di trenta quadri fra tele e cartoni, la prima dello scultore Lorenzini, è sbalorditiva per i risultati formali e concettuali. Un’arte che apparentemente potrebbe sembrare evasiva, di puro piacere estetico, racchiude chiaramente in sé una presa di posizione cosciente nei confronti del fare artistico all’interno di una società e di un tempo storico circoscritti all’attualità. La risposta di Lorenzini alla crisi dell’uomo e dell’arte parte dalla cura meticolosa con cui egli forgia il supporto (un cartone preparato con acrilici, telaio in legno e isolante sintetico), per dargli solidità, resistenza e tutto il corredo necessario ad attraversare il tempo come opera unica, come testimonianza storica.
Elementi ricorrenti quali il varco prospettico, le quinte teatrali, la centralità e la simmetria dello spazio, le forme archetipiche del cavallo, del cavaliere, del pesce, dell’albero e dell’angelo sono figure retoriche visuali che costruiscono un racconto anti-descrittivo, fatto di allusioni e rimandi al cammino dell’esistenza umana. La dimensione terrena, quella celeste e quella sottomarina si fondono in un’unità che è quella del pensiero, della visione, del rapimento lirico e spirituale. Il rigore geometrico e ritmico è simile a quello di una partitura musicale, nella quale le battute di apertura e chiusura sono iper-decorate, ricche di segni, arabeschi e colori.
Lorenzini rivendica il diritto, come artista, di guardare e criticare le tensioni, il mistero e la degenerazione dell’attualità con libertà di giudizio e di espressione poetica e figurativa. Attraverso la ridda di codici, colori, forme e scenografie, Lorenzini sembra voler sottolineare come la nostra storia presente non sia scissa da quella passata e dal mito che l’ha in qualche modo accompagnata e creata. Il ciclo del tempo accomuna il percorso della vita sulla terra e quello del racconto. La visione di Lorenzini è il lucido tentativo di fermare, spiegare e trasmettere l’emozione di trovarsi in questo momento di passaggio, con una finestra aperta in ascolto del brusio e del sibilare degli spiriti che attraversano le campagne dell’invisibile, vicinissimi a noi.
Galleria Arianna Sartori
Mantova, Via Ippolito Nievo 10