Lo schivo Giorgio Scano e l’orgoglio di essere guspinesi
testo critico di Sergio Portas
…Giorgio Scano, lui che si è impossessato dell’aggettivo “schivo” e ne ha fatto un biglietto da visita del suo comportamento in questa terra. … Giorgio Scano, artista che vorrebbe esistere esclusivamente all’ombra dei suoi quadri, che d’altronde parlano abbondantemente per lui, e di lui. … Per me che avevo visto, sino ad ora, solamente dei libri d’arte rappresentanti le opere di Giorgio sono una vera sorpresa. Mi aprono delle porte di comprensione ulteriori che aiutano a decodificare i silenzi estremi di questo pittore guspinese, che lavora da tanti anni a Milano, e che da sempre ha privilegiato la figura umana come ricerca stilistica, fine ultimo d’espressione di sentimenti eterni come l’uomo. Da qui le tele in cui raro è scorgere anche un accenno di sorriso dai volti dipinti, persino l’olio di Jarik (il figliolo “ucraino ” di Giorgio) del 2001, ti rimanda un volto serioso. Viene da domandarsi come abbia fatto a stregarlo e a metterlo in posa con quell’espressione, che l’ultima volta che mi sono imbattuto in lui, a Guspini, saltava e rideva ininterrottamente, come tutti i bimbi della sua età. La risposta in realtà è più semplice di quanto non si creda, che Giorgio Scano è capace di vedere al di là dell’espressione estemporanea di un volto, con un artifizio che sa di magia sceglie per te la maschera che il Caso ti ha chiesto di portare nel palcoscenico del mondo. E le maschere risultano spesso tragiche, immerse in silenzi pesanti, le teste rivolte all’insù, le figure sorprese ed eternate in atteggiamenti di normale routine, che però fanno intravvedere una infinita stanchezza nel reiterare atti cento volte ripetuti, scontati, che si eseguono col fastidio del non potere altrimenti agire. Un artista che non si mette in coda alle mode del momento, questo nostro compaesano, che si porta dietro tutta l’asperità del nascere in terra di Sardegna in anni magari meno tragici del primo dopoguerra (lui è del ’60), ma pur sempre problematici, scanditi nel guspinese dalla vera e propria tragedia che ha significato la lenta agonia delle miniere di Montevecchio. Col corollario di disoccupazione, perdita di identità, emigrazione forzata, che ne è seguita. Se me lo potessi permettere mi porterei via la sua “figura in pensiero” del ‘99, con queste mani a reggere la testa, senza che gli occhi si intravvedano se non per fessure, le ginocchia grosse in primo piano di una persona seduta per terra, i calzoni corti o forse la gonna, che è difficile dire trattarsi di uomo o di donna. E le mani confondono i capelli. Leggo dal catalogo della mostra che Aligi Sassu ha detto essere Giorgio Scano “artista sardo”, credo in senso meramente autobiografico, che nulla nel tratto pittorico dell’artista rimanda direttamente all’isola natia, se non, ma solo per chi li sappia cogliere, quell’aria di sardità che hanno molti dei suoi visi ritratti, ma bisogna essere sardi per sapere cogliere l’appartenenza a una famiglia che riconosciamo senza mediazioni come la nostra. Come dire che noi sardi abbiamo una possibilità in più di penetrare la pittura di Giorgio Scano, non a caso Maria Elena Piredda scrive di lui che: “…raggiunge la sua massima espressione artistica, mostrando una costante attenzione e ricerca tese a cogliere l’interiorità dei personaggi scoperta e rivelata per mezzo di uno studio introspettivo che conferisce un alone di fascino misterioso alla figura”. Anche Giulio Residori, che cura la mostra, scrive che i personaggi di Scano non sono eroici, ma reali sì, e lo chiama “il riservato Scano”, che non è possibile avvicinarlo senza cogliere di lui questa intima necessità di andare per il mondo in punta di piedi, senza volere dare disturbo a nessuno. Salvo poi decidere che, per guadagnarsi da vivere, occorre essere pittori, che urlano le proprie problematiche, che entrano nelle case della gente, rimanendo appesi alle pareti, coi colori di un acquarello di fiori gialli o la passività silente di una maternità senza tempo. Che bravo pittore che è Giorgio, che brava persona…”
Galleria “Arianna Sartori”
Mantova – via Cappello, 17
Mostra a cura di: Arianna Sartori
Date: dal 12 al 24 Ottobre 2013
Inaugurazione: Sabato 12 ottobre, ore 17.00
Orario di apertura: dal lunedì al sabato 10.00-12.30 / 16.00-19.30. Chiuso festivi