Le quattro mostre personali che hanno inizio il 5 ottobre alla Galleria Wikiarte sono collegati dal tratto netto dell’esistenza e della sua creazione. Gli artisti raccontano con linguaggi diversi la stessa storia della vita e della riscoperta di essa che avviene nell’incontro con l’arte.
Critica di Denitza Nedkova
La figura di Francesco Manilo Lodigiani non si può definire quella dell’artista contemporaneo. Sarebbe riduttivo. Per la sua attività di costruttore, progettista, dipintore, vetragista e ancora molte altre, Lodigiani è un ottimo esempio del artifex o τεχνίτης, concentrando, oltre le svariate tecniche, anche molteplici materiali e stili. Gli artes sono al servizio di una poetica personale, intenta a studiare soprattutto due argomenti, anch’essi di carattere assoluto: l’efigge il corpo dell’essere. La perfezione dell’uomo vitruviano si presta a un’operazione che lo trasforma da modulo matematico di proporzioni armoniose nel principale elemento di una costruzione estetica definita in opera d’arte. La donna, la natura, l’architettura, la religione, le costellazioni sono i “pretesti” poetici per un lavoro creativo che punta al senso universale. Ma l’artista cerca a verità oppure vuole essere influente? Questa perifrasi del celebre filosofo Karl Sigmund Popper aiuta a capire la differenza tra chi interpreta la verità e chi ne vuole annunciare una nuova, a suo avviso assoluta. I creativi, gli artifex artium, sono soggetti a queste due possibilità, e spetta alla singola personalità individuare la strada che gli si addice, in quanto entrambe sono giuste. In tal senso svolge la sua ricerca anche Lodigiani , che guarda alle stelle per riscoprire gli uomini.
Una delicata e sinuosa linea sottile ripercorre il mondo visionario di Francesca Guariso. Una linea tracciata con matita, gessetto, pennello o tassello musivo, che si trasforma nel fil rouge di una creazione artistica che si concentra sull’essere femminile. Il ruolo passivo di quest’ultimo come oggetto rappresentazione e di fonte di ispirazione non è sostituito da quello attivo di artista, ma mantiene la sua duplice natura di musa ispiratrice ed ispirata che spiega al mondo la visione che ha di se. Il raffigurato diventa raffigurante. Dopo secoli di emancipazione richiedente il personaggio della donna forte creatrice di un’arte esplicita e disincantata, da Artemisia Gentileschi a Louise Bourgeois, la donna-pittrice finalmente si abbandona alla propria anima poeticamente esuberante. Il lavoro di Guariso e ricco di forme morbide e curve, di colori tenui e onirici, di trame delicate e trasparenti che fanno intravedere una realtà calma e silenziosa, piena di attimi delicati e ambigui tra rassegnazione e impotenza. Pare chiara la confessione d’intimità dell’artista, che non teme di “mettersi a nudo” davanti al proprio pubblico, esattamente come la modella non sente pudore davanti al pittore. La fiducia che Guariso dimostra nei nostri confronti evidenzia il desiderio della creativa di immaginare un mondo altro dove la donna potrà essere sempre se stessa.La storia dell’arte insegna che il Barocco, l’ultimo stile unitario europeo, concepisce la forma come aperta e libera. In una prospettiva di metamorfosi della realtà abbonante di simboli e metafore.
Il concetto della mimesi della natura, fino ad’ora inteso unicamente come imitazione veridica, è reinterpretato dal Barocco come “finzione” e, dunque, desiderio di altro, diverso dalla verità. Il Barocco Informale di Josine Dupont porta tutte le caratteristiche dell’esuberante stile seicentesco, concependo la figura come un campo di espansione che si libera dalla dipendenza della linea e espande la propria materia. L’operazione di estensione del corpo, della sua liberazione dall’involucro e l’abbandono alla vera sostanza è la caratteristica più forte di un movimento contemporaneo che, negando la forma, e, dunque la razionalità, si dedica allo studio del contenuto, dell’concetto: l’Informale. Non sembra allora paradossale lo stile coniato di Dupont, capace di conciliare due elementi come l’abbondanza e la sostanza sotto l’unico denominatore di illimitata fisicità. La cosa, il corpo, l’oggetto non hanno più una esistenza indipendente , ma sono travolti dall’infinità della materia primordiale. In un certo senso la pittura di Josine Dupont si può considerare un ritorno agli arbori della vita che, prima di trasformarsi in mondo, non è altro che un caos originario.
Un sguardo vicino e analitico di questo inizio dell’mondo ci offrono i lavori di Antonio Lunati. Elementi cellulari, particelle, molecule o semplici tasselli del creato, le opere di Lunati sono costruiti in un ordine disordinato di forte impatto visivo per un ricco cromatismo ed una efficacia dei contrasti. Gli elementi si emergono o forse riemergono da sostanze “sgorganti” dalla tela ottenendo un grande effetto tridimensionale senza il bisogno di nessun geometrismo dell’impostazione. In tal senso il biomorfismo di Lunati si allontana dallo storico stile kandinkiano, fin troppo calcolato dalla precisione del disegno, e si dedica alla tripla dimensione della superficie pittorica. Le sue immagini vibrano di vita emessa da numerosi elementi, distinti in singoli corpi o indistinti in miscele di elementi, ma sempre portatori dell’energia esplosiva di ogni nuova nascita. Questo dinamismo inevitabilmente emette la tensione di un qualcosa pronto ad accadere, pronto a emergere dal fondo del quadro, un qualcosa che altro non è, che la vita stessa.
Curatori mostra: Deborah Petroni, Rubens Fogacci
Galleria d’Arte Contemporanea Wikiarte
Via San Felice 18 – Bologna
dal mercoledì al sabato dalle 11.00 alle 19.00 con orario continuato
martedì e domenica dalle 15.00 alle 19.00
lunedì chiuso
Ingresso gratuito