Il concept su cui si avvia la mostra “REGENERATION, a second skin” (Rigenerazione, una seconda pelle), è l’ecologia culturale, quel filone di ricerca delle scienze etnoantropologiche che investiga le relazioni tra gli aspetti socio-culturali dei gruppi umani e l’ambiente nel quale vivono, in stretto rapporto con altre discipline quali ecologia, geografia umana, biologia, archeologia industriale, etc.
Il termine ecologia culturale fu proposta per la prima volta da Julian Steward nel 1955, nel testo “Theory of Culture Change; The Methodology of Multilinear Evolution”. Nello specifico della mostra vi è lo scambio rigenerativo arte/uomo/natura/ambiente: le opere generate acquistano altra vita con l’immersione nell’organico e nel sociale. Alcuni artisti come Giovanni Lamorgese, pugliese, sono presenti con opere ri-prodotte, con il riuso dei materiali di scarto e oggetti anni’30, avviando una modalità innovativa tra artista e opera, tra spazio e fruitore, favorendo la realizzazione di un’opera partecipata. Il focus principale dell’ecologia culturale è costituito dal processo di adattamento dei gruppi sociali all’ambiente in base alle condizioni (vedi video di Gabriela Francone, “Lo tragico cotidiano) dai vincoli e limiti (Alessandro Passaro “S.T”, Gabriela Morawetz “Almost in the dark”) dalle tecnologie e dalle tecniche produttive, le modificazioni ambientali indotte direttamente o indirettamente (Batuhan Fuat Yuce e Luigi Caiffa). Tale approccio disciplinare è quindi prioritariamente legato alle concezioni materialistiche della cultura, che viene considerata come il sistema di conoscenze che permette all’uomo di relazionarsi in modo attivo con l’ambiente in modo da rendere possibile la riproduzione bio-sociale. Fa da sfondo a questa concezione della cultura una visione del sistema sociale, mitigato però dal fatto che le conoscenze tecnologiche sono considerate altresì influenti sulle soluzioni socio-culturali che verranno prodotte dall’adattamento all’ambiente (con Keisuke Sagiyama & Mitsuru Tamatsuka nel video “Yosakoy”) e ai problemi di identità sociale e trasformismo (con i video di Katja A. Witt, Sofi Basseghi, Sije Kingma e le opere pittoriche di Therese Bichon, Marcor, Christine Sajecki.). Dal punto di vista diacronico vengono svolte invece le analisi dell’evoluzione nel tempo degli equilibri ecologici, supportate dalle ricerche etnoarcheologiche nelle opere fotografiche di Massimo Ruiu con “Derive” e nella pittura di Maurizio Muscettola con “Il testimone scomodo”.
ARTISTI IN MOSTRA
SOFI BASSEGHI (Australia), THÉRÈSE BICHON (Francia), LUIGI CAIFFA (Lecce), GABRIELA FRANCONE (Argentina), SIJE KINGMA (The Netherlands), GIOVANNI LAMORGESE (Lecce), MARCOR (Francia), GABRIELA MORAWETZ (Francia), MAURIZIO MUSCETTOLA(Lecce), ALESSANDRO PASSARO (Brindisi), MASSIMO RUIU (Bari), KEISUKE SAGIYAMA & MITSURU TAMATSUKA (Giappone), CHRISTINE SAJECKI (Usa), BATUHAN FUAT YUCE (Turchia), KATJA A. WITT(Germania).
Primo Piano LivinGallery
Viale G. Marconi 4 – Lecce, Italy 73100
GIORNI E ORARI: dal lunedì al venerdì dalle ore 11-13/16-19:30