Gio. Nov 21st, 2024

Lo scultore Brenno Pesci, dal 30 Agosto al 19 Settembre, esporrà le sue sculture in terracotta, alla Galleria Arianna Sartori di Mantova in via Cappello 17.

La mostra intitolata “Santi, dame, cavalli & cavallieri…” sarà inaugurata Venerdì 30 Agosto alle ore 18.00 alla presenza dell’artista.

 

BRENNO PESCI

“Nell’opera di Brenno Pesci la materia, nella sua forza espansiva, è l’elemento dominante che straripa, si deforma e invade lo spazio, con una serie di richiami al percorso dell’arte contemporanea. Da Rodin, dove è la scultura che divora la figura umana che tenta di liberarsi, in una sorta di maieutica, dal peso della pietra, alla poetica di Medardo Rosso, dove il non finito si confonde con l’opera. La scelta della ceramica restituisce una plasticità estremamente dinamica all’arte, dove il vibrante suono della carne- sia un cavaliere, un animale o una donna – scuote lo spazio.Pur nelle evidenti differenze plastiche, una traccia del pensiero futurista e boccioniano ha lasciato un segno nell’opera di Brenno Pesci. Ma se in Boccioni il movimento diventa tutt’uno con la forma, nel caso dell’artista è la materia stessa a liquefarsi, attraverso una forza interna sprigionata dal corpo, tanto da rendere improponibile il movimento, schiacciato da una mole corporea troppo pesante. Come risulta evidente nelle figure dei cavalieri in groppa al destriero.Lo slancio che caratterizza, nell’immaginario, la figure eroiche dell’uomo a cavallo, viene del tutto soffocato in un processo di trasformazione incontenibile. I suoi cavalieri sono giganti dalle grosse mani e dalla testa minuscola, braccia e gambe informi, fuse con i fianchi del destriero.Una doppia lotta, quindi, tra la materia e lo spazio, ma anche tra il corpo e la mente. Un pensiero che può essere accostato alle opere contemporanee di un artista che si muove in ambiti assai diversi e utilizzando materiali del tutto lontani dalla ceramica, John Isaacs. In “Bad Miracle” (2000) Isaac propone l’immagine di un uomo enorme e deforme, vittima della sua stessa carne. Straripanti strati di grasso e cellulite trasformano l’individuo in un “miracolo cattivo”, mal riuscito, dove l’uomo è imprigionato in una corporeità devastante che non è più in grado di controllare e nemmeno di sentir propria. Pur se in una chiave che non per forza vuole concentrarsi sul tema della corporeità e sul dramma esistenziale, la figura creata da Brenno Pesci si confronta con una serie di tematiche assai moderne che inducono a una riflessione sulla condizione umana. Un uomo senza tempo: preistorico, antico e moderno. La fisicità della ceramica traduce in modo esplicito la conflittualità materia – forma, attraverso colature, pieghe, rigonfiamenti che deformano giganti sproporzionati e stonati rispetto alle dimensioni della vita esprimendo un disagio che non trova risposte. In un senso di solitudine e dolore che lascia immutati i volti, elementi secondari rispetto alla vastità dei corpi che esplodono in un espansione senza limiti, verso uno spazio indefinito dove la ceramica traduce la duttilità della pelle con grande maestria. Hanno scritto di lui: «La scultura di Pesci è energia pura che tenta di espandersi, processo di dilatazione omnidirezionale. A questa energia pulsante e vitale si contrappone una forza di contrazione che tenta di immobilizzare, con altrettanta prepotenza, la volontà di crescita. Due forze contrapposte che permettono solo piccoli spostamenti in una o nell’altra direzione e che immobilizzano la materia. Brenno Pesci rappresenta la rottura con la cultura dell’invariabile attraverso la cultura della contrazione”. (Silvia Campese)