Il 19 aprile 2013 alle ore 18:00 apre al pubblico lo studio dell’artista Paola De Laurentiis in via della Selva di Pescarola 12 a Bologna.
A pochi mesi dalla scomparsa di Paola, la famiglia e alcuni suoi estimatori le dedicano questo omaggio che intende soprattutto porsi come una richiesta forte di attenzione rivolta alla città che l’ha ospitata per tutta la vita.
Di Marilena Pasquali
L’artista, abruzzese di nascita, si sentiva infatti bolognese a tutti gli effetti e amava questi luoghi e questa gente, pur non essendone ripagata con ugual moneta. In realtà l’ambiente artistico bolognese sapeva e sa molto bene che Paola è un’artista vera e che la sua ricerca, svolta per più di quarant’anni senza fratture né arretramenti, è contraddistinta dal massimo di serietà e di impegno con risultati di pieno rilievo critico.
Ma – e qui sta il problema – un conto è sapere le cose e un conto è riconoscerle e affermarle apertamente. Bologna non è mai tenera con i suoi figli migliori (abitudine al conformismo, comodità dell’omologazione, paura del confronto, gioco dei veti incrociati?) e quindi anche a Paola è stato riservato il trattamento che molti purtroppo subiscono in ogni ambito e disciplina: il prevalere dell’indifferenza, il diffondersi di una marcata sottovalutazione, il dare spazio a chiacchiere e falsi problemi, senza tener conto del reale valore della persona e del suo operare.
Tutto questo vale in parte anche per Paola De Laurentiis e per il suo lavoro, se pur a lei si sono seriamente interessati critici come Claudio Spadoni, Enrico Crispolti, Elena Pontiggia, Adriano Baccilieri, Claudio Cerritelli, Enrico Cesare Gori, Giorgio Di Genova; ognuno di loro, chi in modo e chi nell’altro, riconoscendo all’artista quell’intensità di espressione, quell’energia comunicativa che sono tutte sue («fare di una faccia un’impronta, degli occhi un destino chiaro, delle espressioni un personaggio che viene da lontano»: così Paola cercava di spiegare se stessa, con la nettezza e la passione proprie al suo modo d’esprimersi).
Oggi il suo studio si apre a tutti coloro che vogliono conoscere o riconoscere la sua arte, ritrovandone pezzi fondamentali come le Bambole degli anni Settanta, Esnunna del 1986, le sculture ‘tribali’ de L’assoluto del silenzio dei primi anni Novanta, Ted Turner del 2000 e i tanti ritratti ad occhi spalancati degli ultimi anni. Quale occasione migliore dunque per ritrovarsi ancora una volta con Paola in mezzo ai suoi personaggi tanto allucinati quanto intensamente vivi e reali, per abitare lo spazio della loro creazione, affollato da tele, materie e figure, cornice contro cornice, gomito a gomito, sguardo nello sguardo, respirando per un poco l’atmosfera tesa sul filo del pensiero e comunque serena che l’artista ha saputo creare?
In questo luogo che profuma ancora di pittura, in cui anche la polvere è fatta di colore, può essere più agevole comprendere il suo universo fatto di persone, di esseri umani tutti ugualmente importanti e degni di attenzione, apprezzare la sua personalità non facile che cerca sempre l’incontro con l’altro pur nell’acuminata rivendicazione della propria unicità, del riconoscimento pieno della sua arte.
Come più e più volte ho scritto in passato, tessendo insieme a lei la trama di una nuova mostra, di un nuovo incontro, Paola è un’artista vera. Ma su quali elementi critici fondo questa mia convinzione? Dando per scontati il suo saper fare, la sua padronanza del mestiere, il suo stare al passo con tempi e linguaggi, ciò che più mi colpisce in lei è la forza della sensibilità, il ‘saper guardare’ gli uomini e le donne del presente e del passato con simpatia (il sentire insieme) e comprensione (il prendere insieme in un unico abbraccio uomini e cose) senza mai diminuire l’attenzione, senza distrarsi o allentare la tensione.
Paola lavora in costante stato di concentrazione, a volte quasi in trance, per stabilire prima e non perdere poi il contatto profondo con i suoi interlocutori – ora un personaggio tratto da un film, ora un volto scovato in una foto casuale, ora una figura incontrata nella letteratura o nella storia. Nel momento stesso in cui vengono scelti, tutti costoro vengono da lei adottati e diventano i ‘suoi’ attori, i suoi compagni di strada, amici difficili ma amati con cui passare giornate intere e con i quali parlare (ne sono certa) nei lunghi pomeriggi trascorsi nello studio, in un silenzio e in una solitudine soltanto apparenti.
Paola non si illude sulla bontà del mondo, non crede ai miracoli e pure ama l’uomo e gli dà voce e volto, scavando all’interno della sua persona e portandone in piena luce – una luce molto spesso cruda e tagliente – desideri, speranze e pulsioni, ma anche malessere e disagio esistenziale. Nel portar fuori molta oscurità e nel dare aria a tante ferite, il lavoro di Paola rivela stimolanti affinità con un’operazione chirurgica, un intervento nel vivo della carne che taglia, estrae, elimina, cuce, per ricomporre l’integrità della persona e restituirle forza e salute. E non basta ancora, perché questa sua capacità di interpretare l’altro, di leggere in fondo al cuore, le consente anche di favorire il rapporto tra le sue figure di tela, materia e colore e coloro che vi si trovano davanti, un po’ sconcertati ma subito catturati dall’intensità senza vie di fuga del loro sguardo diretto, che fissa l’astante in una perentoria richiesta di dialogo, di contatto.
Studio di Paola De Laurentiis
Via della Selva di Pescarola 12, Bologna
Ingresso libero.