Gio. Nov 21st, 2024

Se tutto parte dalla forma – ancestrale, primigenia, in tutto e per tutto “nativa” – è nell’attuazione del pensiero attivo che si verifica il fenomeno artistico: il momento semantico, interpretativo, non può essere disgiunto da quello visivo ma – al contrario – compone con esso la totalità della sensazione percettiva “pura”.

L’intero lavoro di Dina Montesu si costituisce come una sorta di pittura primaria, in cui la materia determina e verifica – progressivamente – il dissolversi dei confini tra energia interna ed esterna: superfici magmatiche, percorse da un colore corroso, stratificato, estenuato fino alle estreme possibilità di dinamica espressiva. Nell’istante in cui il dipinto si inserisce all’interno della forma conchiusa del cerchio – simbolo di ordine e perfezione in assoluto – si produce come struttura emersiva da una dimensione atemporale e metastorica, approdando ad uno stato metamorfico entro il quale radicamento e sradicamento siano forze dalla tensione uguale e inversa. I differenti campi di movimento sperimentati dall’artista divengono sintesi di manifestazioni espressive primordiali, forme in diretta continuità nello spazio ostinatamente in disequilibrio tra intenzione soggettiva e oggetto intenzionato.Un teatro simbolico, labirinto complesso e intricato costruito come uno “spettacolo possibile”, di volta in volta scisso nella simultaneità delle sue varianti.

Gli elementi ricorrenti nei dipinti di Luisa Modoni – grandi labbra fluttuanti in uno spazio sospeso, privo di dimensioni, e figure antropomorfe semplicemente stilizzate – costruiscono un immaginario di suggestioni sottili, una figurazione che destruttura l’ambito scenico in una serie di sdoppiamenti, straniata eco di un refrain vertiginosamente spaesato e precipitato.I manichini che si riconoscono tra ulteriori e svariati simboli calligrafici – declinati secondo i termini di un campionario dalla gestualità illimitata – invadono il quadro come una scrittura visiva dal sapore tribale, un maquillage riportato sulla tela come ideale allestimento per una rappresentazione immaginaria.E’ una poetica di consapevole corto circuito tra dimensioni e linguaggi differenti, spazio dinamico di incontro necessario tra caso oggettivo ed esigenza percettiva.

Il lavoro di Raffaele Gaudioso pare porsi nei termini concreti di una moderna “teoria dei colori”, in cui l’assetto formale origina e determina lo sconfinamento del segno e il decentramento del punto di vista.Il colore geometrizzato e digradante, scientificamente ipnotico, di alcune opere fa da giusto contrappunto a quadri in cui porzioni cromatiche – racchiuse entro i confini di forme pure, liquide – si rincorrono e sovrappongono come attirate e deformate da differenti campi magnetici di forza uguale e contraria. Ruolo fondamentale alla percezione psicologica della forma viene ricoperto dalla scatola/cornice che non delimita, ma include e contiene il quadro, divenendone – a tutti gli effetti – estensione e completamento.

E’ una inclinazione al disturbante a muovere le figure di Aimée, una speciale prassi stilistica che non pare divenire dogma, ma necessità e via di fuga dal tormento.La volontà agisce sulla volontà stessa producendo immagini che sfidano l’istinto, obbligano al rifiuto ed invitano alla riflessione naturale sull’interiorità primitiva dell’individuo.C’è una progressiva semplificazione e rastremazione dell’immagine, entro la quale le figure si riducono a silouhettes stilizzate, non identificabili, prive d’espressione e derubate di personalità. Tuttavia è proprio qui che affiora il fascino e si manifesta la malìa seduttiva dell’arte di Aimée: nell’istante in cui la figura smarrisce ogni connotazione – sia fisica che psicologica – diviene simbolo dell’azione, della forza e passione terrene e metafisiche, quasi lacerto e referente ultimo dell’umanità. Paradossalmente i movimenti innaturali guidati dalla nettezza dello stile, i corpi irreali e “descritti” sul dipinto sottolineano con ancora più forza la loro estrema vitalità, riunendo le sofferenze e i sentimenti sotterranei non dell’individuo, ma dell’uomo. Lo slancio diviene allora radicale, la successione di maschere e il moltiplicarsi dell’azione conducono all’antitesi ed elevano all’allucinazione: il dionisiaco che muove all’intorno e dentro di noi trasporta e seduce, fino ad assorbirci nel gorgo, nell’istante in cui ci distacca da tutto. (Testo critico di Alberto Gross)


Galleria Wikiarte

Via San Felice 18, Bologna

Durata mostra: dal 16 al 28 marzo 2013

dal mercoledì al sabato dalle 10.30 alle 19.00 orario continuato

martedì e domenica dalle 15.00 alle 19.00

lunedì chiuso.

Ingresso libero

Sito: www.wikiarte.com