Gio. Nov 21st, 2024

L’arte di Elisabetta Manghi e altre tanto concentrata sull’effigie dell’uomo e anch’essa tradisce un’impostazione fotografica ma influenzata da una visione surreale e sincera che rimanda al magico mondo di Frida Kahlo’.La realtà e attentamente osservata per estrapolarne un dettaglio, forte e cromaticamente contrastante con la figurazione bicromata, che diventa punto focale e sbilancia ogni inconsapevole simmetria classicheggiante. Le opere di Manghi dimostrano, sì, un’attenta osservazione del reale, ma soprattutto un preciso formalizzare di moti interni e intimi dell’artista dei quali, osservando, se ne appropria lo spettatore. Ritratti che tramite un viso, un corpo o un solo dettaglio di essi osservano chi osserva per osservarsi.

Il ritratto, la rappresentazione di una persona secondo le sue reali fattezze, è determinante nel lavoro di Roberta Diazzi. L’evidente inizio dall’immagine fotografica inganna l’occhio e fa crede in una vera ricerca dell’aspetto reale. Contrariamente, invece, l’effettivo studio dell’artista si rivolge verso simbologie che illustrano atteggiamenti, tentativi, prove di “sforare” il reale e tentare il fantastico. Burlesche, Cinema, Motori sono tra le tematiche più ricorrenti delle quali le tele sembrano portare le impronte, sfoggiare le icone sature di luce, abbagliata e abbagliante, di un mondo che sembra vivere e ricalcare le proprie raffigurazioni iconiche, una vita “come in un film”, esagerata e ipertrofica.

Antonella Falcioni, pittrice e ceramista, è interessata al volto umano, ma la sua interpretazione di esso e diversa. Fortemente interessata alla cultura cubana, ma formatasi come ceramista in Sassonia, Falcioni, nel suo essere artifex, ottiene il connubio tra elementi europei di carattere barocco e gli elementi caraibici e coloniali di un’arte folclorica. Come i murales di Amelia Peláez e le tele di Renè Portocarrero i risultati sia sulla superficie ceramica sia sulla tela sono in una cromia e disegno decisi, mentre la figurazione abbandona il semplice decorativismo e approda, soprattutto nei lavori a olio, in attenti esami psicosomatici del volto umano. La pennellata veloce e carica tradisce una mano sicura che affronta la tela come la superficie porcellanata senza esitazioni e ripensamenti.

Il cromatismo di stampo manierista è osservabile anche nei lavori di Mauro Bordini, pittore padovano, di un figurativismo dinamico e umorale che si esprime in forme e figure pastose, policrome e ricche di tratto nervoso e instancabile, che vive tra implosione impressionista ed esplosione espressionista, sviluppate in tonalità venete. La serie Le Stanze racconta un’interiorità confessata, un’intimità denudata che emerge dalle forme, decomposte dalla pennellata quasi informale, e ricomposte in forme vere colpite dalla realtà. La complessità della pittura di Mauro Bordin nasce dalla perfetta sintonia tra la costruzione e la contemporanea distruzione della forma, tra l’interno esternato e l’inclusione dell’aperto in un atto di fede nella valenza dell’arte contemporanea.

Questi tratti, brevi e riduttivi, devono essere considerati solo indizi dei quattro percorsi tracciati negli ambienti della Galleria. L’iter e sempre diversa e sempre diversi sono i passi, importante è avanzare e non temere se gli indizi siano scarsi perché davanti corre la strada. (Testo critico di Denitza Nedkova)


Galleria Wikiarte

Via San Felice 18, Bologna

Orari: dal mercoledì al sabato dalle 10.30 alle 19.00 orario continuato

martedì e domenica dalle 15.00 alle 19.00; lunedì chiuso.

Ingresso libero

Sito: www.wikiarte.com