Dal 1970, anno della sua prima mostra personale alla galleria Centro Culturale “Lyceum” di Milano, l’attività artistica di Paolo Collini si snoda in un fecondo percorso di circa ottanta mostre personali e decine di collettive seguite attentamente dalla stampa nazionale ed estera. Formatosi sulle orme dei grandi maestri metafisici e surrealisti, Collini elabora rapidamente una personalissima poetica tra il visionario e un romanticismo postmoderno. A partire dagli anni Ottanta il suo percorso è tangente a quello del citazionismo allora in auge, tra enigmi e simbologie ammiccanti ad un classicismo contemporaneo. Apprezzato in Italia sin da subito, conquista rapidamente l’interesse del collezionismo tedesco virando la sua ricerca in direzione di atmosfere più rarefatte e nordiche. Le acque e il cielo divengono i luoghi ideali e di elezione delle sue composizioni. Durante gli anni Novanta più intenso si fa il suo interesse per un erotismo impalpabile ed oscuro, onirico e notturno. Con il nuovo millennio la sua ricerca si indirizza verso contesti urbani e stranianti, in cui l’individuo rischia l’alienazione ma ritrova una sua dimensione in bilico tra quotidianità e fantasia. La critica militante ha scoperto da decenni l’opera di Collini e l’interesse verso di lui è culminato nell’invito alla XLII Biennale di Venezia.
Quella di Paolo Collini è un esempio sorprendente di pittura letteraria. Non nel senso che si ispira direttamente alla letteratura (Clerici, Buzzati, Magritte), piuttosto perché non si impone come assoluta, apodittica, ma lascia presagire, sottintesa, una riflessione sul senso.
L’uomo che sorvola le nuvole di Collini non ha i poteri ultraumani di Nembo Kid, né il grave compito di Astolfo o l’ironica vanagloria di Karl Friedrich Hieronymus; è invece una creatura onirica, umana soluzione alla maledizione baudelairiana vaticinata ne L’albatros. È vero: il poeta (dal greco poiêtês, colui che crea) vola alto, si muove elegante in cielo e goffo sulla terra; ma sfido io! Non riesce facilmente ad adattarsi subito dalle atmosfere leggere al pondo gravitazionale. Così Collini, come un geniale illusionista, ha ideato un brillante espediente: chi vola non è nudo, né indossa un’azzurra tutina aderente, non conta su un ippogrifo, né su una palla di cannone. È un uomo come gli altri, veste di tutto punto, ha persino la cravatta (no, non gli dà noia, è come i capelli lunghi: al vento dà la piacevole sensazione del volo anche quando ci tormenta la faccia) e le scarpe, sì le scarpe, per quando dovrà atterrare sul ponte di una nave, sul tetto del mondo, o sull’Isola-che-non-c’è. Ecco forse il vero senso della pittura cilestre di Collini: non l’evasione fantastica ma la consapevolezza della magia che pervade il reale, tutto. Franz Roh avrebbe riconosciuto in Collini gli elementi propri di quel Realismo Magico che non si riconosce nell’accademismo, né tanto meno nell’avanguardismo fine a se stesso.
In questa mostra Paolo Collini presenta lavori recenti realizzati con tecniche diverse e connotate dal suo inquieto segno/sogno. In queste opere la distanza del punto di vista è variabile e non impropria: per vedere l’uomo che sorvola le nuvole, ognuno di noi assume la prospettiva di un “altro” uomo che sorvola e, forse, sopra quest’altro ce n’è ancora un altro e, perché no, infiniti altri. I concetti “sopra” e “sotto”, d’altro canto, sono propri della sfera terrestre e non del platonico iperuranio in cui Collini ci proietta.
Di più: il soggetto dell’opera (l’uomo che sorvola le nuvole) il pittore e lo spettatore, che un tempo rappresentavano i tre vertici equidist(a/i)nti di un perfetto triangolo semantico, finiscono per assurgere a ruoli coincidenti in una posizione unica e al tempo stesso molteplice, antiprospettica, la sola attuale ed esteticamente rilevante.
Collini è un artista eccellente per mezzi e fini, adeguati gli uni agli altri. La sua opera riluce di evidenti incanti: lo spettatore ne risulta rapito e mai completamente appagato; eppure essa mantiene una sua arcana irriducibilità agli usuali criteri fenomenologici di tanta critica e soltanto una critique indirecte e anacronisticamente “colta” può rivelarne il palpito segreto. Le letture esoterica ed essoterica della sua arte non si identificano e tuttavia non confliggono, piuttosto concorrono all’individuazione di un senso ulteriore. Bellezza e profondità, come negli abissi marini o negli spazi interstellari, si conciliano naturalmente in opere visionarie e teoreticamente – è qui il caso di dirlo – trascendentali, nella direzione del sublime. Sub-limen, sotto il limite di un cielo invocante, che sovrasta paziente il confine di un’umanità quotidiana, mai come oggi così grave. Sub-limus, che obliquo finalmente si eleva oltre la soglia della trascendenza, dove immaginazione, sogno e realtà sono categorie spurie, come lo spazio e il tempo d’altronde.
Chi guarda è preso da una vertigine e(ste)tica, da uno spaesamento: solo l’artista, malfermo sui piedi ma avvezzo a traiettorie inusitate, può indicare la via. Collini, nelle veglie insonni, mi accompagna dove l’aria è più rarefatta, più fresca. (Testo critico a cura di Mauro Carrera)
In occasione della mostra alla Maison Olivier verrà presentato
il libro d’artista OLTRE LE NUVOLE (Opere di Paolo Collini – Testi di Mauro Carrera) Edizioni Maison Olivier di Laura Olivieri – Parma; 100 copie, numerate e firmate dagli autori, contengono un multiplo originale.
Maison Olivier
via Bodoni 1/d Parma
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