Dopo Salvatore Borsellino, Antonio Ingroia, Letizia Battaglia, Amico Dolci, continua il viaggio in Sicilia del fotografo napoletano Mario Spada. Antimafia Special arriva a Corleone, terra dei Clan Corleonesi, terra di Mafia, quella più cattiva. Terra di Placido Rizzotto, che a Corleone nasce e muore, dove resta senza sepoltura fino al marzo di quest’anno. Su di lui indagò Carlo Alberto Della Chiesa, come ci ricorda Davide Patrenostro che camminando per la sua Corleone ripercorre i 64 anni che sono passati da quel 10 marzo del 1946. Perché Corleone non è solo Mafia.
Dopo Corleone, il viaggio – più avventuroso per i problemi con la mitica Santuzza – continua e Mario incontra Salvo Ognibene, direttore della webmagazine Dieci e Venticinque che racconta come la Mafia sia, in certe zone, passata ai lavori “puliti”, quelli dei colletti bianchi. Investe nei centri commerciali, nelle energie rinnovabili, nel cemento. Salvo racconta cosa dovrebbe essere l’Antimafia, cita la costituzione e anche lui denuncia le ombre del movimento antimafia, ombre che ostacolano la battaglia contro l’illegalità.
Mario incontra anche Vincenzo Liarda, sindacalista CGIL, minacciato più volte per la guerra che sta portando avanti per la riutilizzazione del feudo di Michele Greco. L’antimafia per lui è “un malore che dovrebbe colpire tutti”, un impegno semplice, che si porta avanti mettendo in atto comportamenti “legali”. Una parentesi viene aperta per lasciare la voce agli architetti di Autonome Forme – Marco e Lucia – che hanno ospitato Mario Spada a Palermo, che raccontano come dei professionisti svolgano con fatica la loro professione ‘legalmente’, e ci parlano delle richieste delle gente per appropriarsi del proprio spazio come approccio antimafioso. Loro è il progetto della Casa delle Associazioni, nato in risposta alla fame di spazio delle associazioni che non hanno luoghi dove fare per loro una cosa ovvia e vitale: vedersi e parlare.
Il giornalista Pino Maniaci di Telejato: di intimidazioni ne ha subite tante, fino all’aggressione da parte di Michele Vitale, figlio del boss Vito Vitale, che dice le cose come stanno, senza paura: che l’Italia è un paese di apatici, dove ci sono i giornalisti che non fanno informazione, che non si impegnano. Perché a noi italiani manca proprio l’impegno, troppo persi dietro a una scatola dalla quale anche lui parla. Con coraggio, sotto scorta, cercando di fare “informazione”. Lui, che non è nemmeno iscritto all’albo. Perché per raccontare la verità non serve un tesserino.
Serve l’impegno.
E di impegno ce ne mette tanto Paolo Procaccianti che dal 1971 lavora all’Istituto di medicina legale e che tocca quello che molti di noi vedono sotto un lenzuolo bianco: il morto ammazzato. Seziona gli amici con cui ha lavorato: Falcone, Borsellino, gli uomini della scorta. Tocca quello che la Mafia lascia come monito, come sadico avviso. Pesa il cuore, sente il dolore. E essere antimafioso, secondo lui, vuol dire lavorare onestamente, attenersi alle regole del vivere civile. Che non comprende lasciare fiumi di sangue sulla strada. Lo ha imparato bene, da Paolo Giaccone. Ucciso perché stava vivendo nelle regole del vivere civile e non si piegò alle richieste mafiose di modificare una perizia.
Il viaggio è faticoso, difficile. Mario ha problemi con Santuzza e la Yamaha XT600 che ha trovato non è in forma e bisogna andare avanti. Un viaggio che è una sfida. Mario non ha fatto un viaggio “comodo”, anzi, ha dormito su giacigli che si è dimenticato di fotografare. Strano per un fotografo attento come lui. Ma ha visto altro, gente che combatte per la legalità e la sta raccontando. Ascoltatelo.
FONTE: Alessia Ricciardi
Info:
www.facebook.com/antimafiaspecial
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