“L’inizio del XXI secolo verrà un giorno ricordato come “Gli anni della miseria” a conclusione del trentennio inventato da un attore americano diventato presidente, il quale trentennio passerà probabilmente alla storia come “ciclo del trash”.
Dal comunicato stampa ufficiale
11.09.2001 si celebra la miseria del gesto umano con il crimine delle Torri Gemelle a New York. La Biennale veneziana allora curata da Harald Zseemann è eccellente perché riesce già nel mese di giugno a prevedere il disastro di settembre. Poi la Biennale si adatta e le edizioni 2003/5/7 celebrano la miseria del gesto intellettuale, che sarebbe poi il pensiero vuoto quando viene tradotto in azione inutile. In fine Wall Street nel 2008 celebra la miseria della finanza e la distribuisce su tutto il globo terrestre.
Sicché la Biennale di Venezia edizione 2009 celebra, nel vuoto di pensiero totale, con l’automatismo geniale tipico degli imbecilli etimologici, il vuoto definitivo d’un mondo chic che non sa più che cosa dire al mondo check.
E il mondo choc? Il mondo choc, che sarebbe quello dell’arte che continua imperterrita ad affermare la propria vitalità, sta scoprendo una sua strada nuova.
Dalla miseria politica come da quella finanziaria si esce dando potere all’immaginazione, da quella intellettuale dando potere all’intelligenza.
Dalla miseria artistica si esce dando tutto il potere alla fantasia. Un esperimento degno d’attenzione è in corso qui, a Savona, dove la fantasia artistica prende oggi due strade altrettanto radicali.
La prima consiste in una rifondazione dei termini utilizzati: se a Venezia la mostra curata dallo svedese di Francoforte si trova a premiare come migliore artista il tedesco che ha progettato il bar, lo si capisce in quanto per i popoli germanici e scandinavi il vero luogo della creatività è sempre stata la birreria. In Italia la questione è diversa: qui sul mediterraneo le arti plastiche si sono da sempre articolate in architettura, scultura e pittura, dai dibattiti socratici fino alle diatribe rinascimentali. Rifondare il linguaggio vuol dire oggi ridare senso semantico a questi termini. Ovviamente provando strade diverse dal marmo, dal bronzo o dalle pareti affrescate. Questa rifondazione passa quindi attraverso l’indagine su materiali differenti capaci di portare nell’attualità i generi di sempre. Il che consente di intuire l’altra strada che prende l’arte nel suo risorgere…
L’arte d’oggi esalta la miseria economica del fare per uscire dalla miseria cerebrale del sentire.
I creativi attuali della ricerca sono oggettivamente miserabili nel senso più autentico del termine: non hanno mezzi per grandi studi, per materiali costosi, per trasporti impegnativi, per allestimenti faraonici. Tutta roba quest’ultima dell’epoca appena conclusa nel vortice della catastrofe.
La scultura di Paolo Anselmo si sviluppa nel più arcaico dei materiali, la terracotta, quella che ha bisogno di poco per diventar eterna, fuoco e colore. Ma è pure questa terracotta un materiale che ha approfittato fino in fondo delle innovazioni tecnologiche d’un secolo appena concluso, generoso di scoperte al tal punto d’avere consentito la crescita fisica degli oggetti, la plasticità delle crete, la follia dei colori e delle invetriature.
E lui la follia la sposa senza esitazione, generando mostri e mostriciattoli, esseri marini esistenti solo in fondo alla coscienza ancora non indagata, piccole ipotesi diaboliche che si sprigionano per forza propria”. (Testo critico di Philippe Daverio)
Catalogo in galleria con presentazione di Philippe Daverio.
Galleria “Arianna Sartori – Arte & object design”
Via Cappello 17, Mantova
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