Gio. Nov 21st, 2024

Nelle sei sculture della metà degli anni Novanta così come nei sei recentissimi disegni realizzati per la mostra Players, Huma Bhabha reinventa la testa umana decostruendo e ricostruendo un archetipo in cui raccoglie e trasforma diverse tipologie storico-artistiche: dalla maschera tribale africana e oceanica alle maschere comiche carnevalesche e a quelle indossate da attori e danzatori del teatro indiano, dai volti grotteschi della pittura espressionista a quelli ibridi e demoniaci rintracciabili nei personaggi dei film di fantascienza o nei fumetti della Marvel.

L’inscrizione di un volto dai molteplici significati è evidente anche nei suoi recenti disegni di ritratti immaginari, la cui iconografia nasce da una continuità, ma evolve rispetto alle sue maschere degli anni Novanta. Queste maschere sono ritratti “tecnologici” di creature arcaiche, realizzate con cartapesta e materiali trovati tra cui cavi di plastica e tubi di aspirapolvere, quasi frammenti di effetti speciali di film horror e fantascientifici. Queste sculture hanno costituito la prima significativa emergenza della personalità artistica di Bhabha, da cui lentamente l’artista è pervenuta alle grandi teste e alle figure architettoniche che hanno caratterizzato il suo lavoro più recente, anch’esse realizzate con materiali trovati, ma con superfici di creta dipinta, in vari stati di deformazione e frammentazione.

I disegni segnano il ritorno a una modalità di rappresentazione espressionistica di volti mitici/fantastici; per questi Huma Bhabha di nuovo trae ispirazione da due fonti molto diverse, arte tribale e fantascienza, combinandole per giungere a un nuovo tipo di figurazione. L’artista costruisce il volto umano come un luogo in cui tutte le possibilità espressive possono essere raggiunte: è una storia che inizia con l’espressionismo tedesco, prima ancora con Munch ed Ensor, e a cui Picasso e Bacon hanno dato un ulteriore contributo di complessità iconica.

Una galleria di “Players … maschere per quale rito, o convegno, o torneo? … Leoni, guerrieri, clown, mostri … tutti mescolati insieme, in una sorta di gesso sintetico del XXI secolo, trasmutati e reinventati in una nuova/vecchia razza”, come l’artista stessa l’ha definita.

La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Silvana Editoriale, con un testo critico di Mario Diacono. Il volume è inoltre arricchito da un testo dell’antropologo Giancarlo Scoditti, che esplora la nozione di maschera come forma espressiva riferibile, in molte culture etnografiche, a un’immagine mentale che si svela in un contesto rituale: un gioco sottile di rimandi ad altro da quello che si vede.

La Collezione Maramotti prosegue con questa mostra la sua attività di progetti, esponendo opere specificamente realizzate dagli artisti per le esposizioni e che divengono poi parte della Collezione permanente, con l’obiettivo di fondere pratiche di acquisizione e accrescimento del suo patrimonio artistico con quelle della sua fruizione pubblica.

 

Collezione Maramotti

Via Fratelli Cervi 66 – 42124 Reggio Emilia

www.collezionemaramotti.org

La mostra, ad ingresso libero, è visitabile negli orari di apertura della collezione permanente.

Giovedì e venerdì 14.30 – 18.30

Sabato e domenica 10.30 – 18.30

Chiusura: 25-26 dicembre, 1° gennaio, 6 gennaio

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