Dom. Nov 24th, 2024

Pietro Cardone, Magnolia

Sabato 3 dicembre, la Galleria “Arianna Sartori Arte & object design” di Mantova, in via Ippolito Nievo 10, inaugura la mostra dell’artista PIETRO CARDONE.

Magnolie, papaveri, rose, dalie, agave, amarillos, calle, petunie, ortensie, mais, ecc… sono i soggetti dei quadri di grande e piccolo formato dipinti ad olio su tela realizzati dal 2006, che l’artista presenterà fino al 23 dicembre 2011.

L’esposizione resta aperta con i seguenti orari: dal lunedì al sabato 10.00-12.30 / 16.00-19.30, Domenica 27 novembre 15.30-19.00.

Dal comunicato ufficiale

 

Le opere di Pietro Cardone sono un intimo studio e una celebrazione dei fiori: i loro colori, le loro forme, le sinuose ondulazioni delle foglie e dei petali ed infine l’enigmatico splendore delle loro inflorescenze.

Le sue tele sono esempi di come l’artista tratti i soggetti da lui scelti non solamente come entità in sé, come ritratti di ciò che appare chiaro e visibile ai nostri occhi, ma egli interpreta i soggetti come veri e propri paesaggi, luoghi dove esistono altre dimensioni della mente e dove l’occhio può spaziare. I fiori di Cardone, in una macroprospettiva, evocano aree selvagge, dune desertiche, voragini di fuoco, sterminate vallate o ancora campi di grano mossi dal vento. Natura che rappresenta la natura.

Attraverso l’impressionante realismo dei suoi dipinti, l’immaginazione dell’osservatore è invitata ad andare oltre le linee, le forme e degli spazi convenzionali. L’intimità creatasi tra l’artista ed i soggetti delle sue tele si manifesta nell’impressionante qualità dei dipinti.

Chi osserva beneficia della delicata forza della natura attraverso la grazia dei fiori, soggetto della sua pittura”. (Mark Davis)

 

Quando si viene posti davanti ad una immagine, ineluttabilmente si è presi da emozioni che essa è in grado di suscitare. Quando queste sono così piacevoli da restarne sopraffatti, ci si chiede che cosa le ha così profondamente scaturite.

La prima volta che ho visto le tele di Pietro Cardone sono stato così subitaneamente sorpreso dal coinvolgente piacere della sua pittura. Il reale da lui rappresentato appagava visivamente e mi riempiva di colorata gioia ma, intuivo che occorreva andare oltre nell’indagare perché c’era dell’altro che, intensamente, mi partecipava intellettualmente.

La tentazione di definire ciò che mi veniva presentato con qualche “ismo”, che sono stati così abbondantemente utilizzati fino alla fine del secolo scorso per definire tecniche pittoriche, è stata subito da me accantonata e fugata.

I vari “realismo”, “iperrealismo” o persino per certe tele “astrattismo” sono sembrati inadeguati ed inappropriati se usati per etichettare in qualche modo il suo lavoro. Sembravano limitativi e castiganti nello stesso tempo, occorreva vedere oltre.

Da sempre, nel corso dei secoli, si è cercato di rappresentare la realtà. Si è inventato e, ricorso all’uso della camera ottica nel nord Europa del quattrocento per riprodurre in modo il più dettagliato possibile il reale fino nel più minuto ed impercettibile particolare.

Tra cinquecento e seicento Michelangelo e Caravaggio sublimarono la rappresentazione della realtà ma, nel contempo, infusero un anima al loro lavoro. I personaggi, ritratti o scolpiti, i canestri di frutta o le nature morte andavano ben oltre il realismo, anzi superandolo concettualmente, rappresentavano l’intimo, il recondito.

Ed ecco quello che mi sono ritrovato a percepire: non c’era solo il reale che si manifestava sulla tela ma qualcosa d’altro da vedere. C’era l’invisibile, il nascosto, il verosimilmente celato che occorreva svelare e soggettivamente definire.

Usando sapientemente i colori in tutte le vibrazioni dei loro toni, le opacità e le lucentezze, i guizzi di luce e i profondi scuri, le rotondità ed i piani levigati dipinti nascondevano l’irreale. L’altra realtà raffigurata.

Tutto ciò come se un leggero tessuto, a volte teso altre increspato, setoso o ruvido, prezioso di nervature o trasparente e diafano, racchiudesse l’aria. Anzi non l’aria bensì un’anima vestita sotto il proprio manto; era l’invisibile oltre il reale che si manifestava identificandosi.

Quindi non si è trattato più di semplice godimento visivo ma qualcosa di perfettamente e personalissimamente pensato, indagato ed elaborato. Un lavoro intellettivo, non più meramente visivo che appagava molto di più perché svelava l’invisibile, quello che di irreale Cardone ha saputo nascondere dietro la rappresentazione di semplici petali di fiore.

Il suo lavoro figurativo, che sa di antico perché ne usa i mezzi e, di moderno perché la fotografia ne è il prezioso aiuto, ha senza dubbi un grande impatto emotivo difficilmente catalogabile o definibile. Pur riconoscendo forme e colori si va oltre il reale verso l’astratto e l’invisibile riuscendo ad essere originale ed intellettualmente appagante. Tutto questo per la gioia di chi riesce ad assaporarne l’essenza. Buona visione”. (Norberto Lanceni)

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