Il Centro Studi Sartori per la Grafica presenta la mostra “graffiti” incisioni di Giuseppe Bocelli alla Galleria Arianna Sartori Arte di Mantova, in via Cappello 17.
L’artista Giuseppe Bocelli, che ritorna a Mantova dopo una prima esposizione nel 2008 quando aveva presentato una serie di ritratti realizzati in bronzo e terracotta, per questa nuova occasione, metterà in mostra le sue incisioni, realizzate con la tecnica della puntasecca, dell’acquaforte e dell’acquatinta, e alcune recenti sculture in bronzo e terracotta. (…)
Presentazione critica di Basilio Luoni
La prima incisione di Giuseppe Bocelli che mi capitò di vedere, vari lustri or sono, raffigurava un tacchino. Immagine indimenticabile, l’ho ancora davanti agli occhi e mi spiace che non sia presente in mostra. Se pensavo ai tacchini in arte, la mia memoria correva a Monet, ai suoi Dindons bianchi nel prato di uno château, eleganti, lievi, luminosi, sfarzosi come ballerine classiche. Il Bocelli, volutamente o no, aveva fatto il contrario del francese: il suo tacchino era pesante, sgraziato, nero, saturnino, gonfio probabilmente del rancore e della protervia che sembrano inoculati nei tacchini di pollaio. E non abitava uno spazio connotato, non poggiava le zampe sulla ghiaia o sull’erba, si campiva nel foglio come una figura araldica,un’icona pronta per fare l’allegoria o {‘insegna di qualche vizio poco confessabile in una nuova iconologia di un nuovo Cesare Ripa.
Negli anni, il Bocelli al tacchino ha aggiunto animali dopo animali -uccelli, rane, maiali, farfalle, cavallette, cicale, grilli, grilli talpa, scarabei e pesci e crostacei – fino a comporre un vero e proprio bestiario, spesso destinato ad accompagnare le liriche di qualche amico. Perché a lui piace lavorare con i poeti, anche se va subito detto che non è un illustratore, e non regala mai quadretti di genere, non evoca atmosfere, evita con assoluta sicurezza le posizioni subalterne, le secche e gli scogli dell’aneddotico, la forfora sentimentale. Ha, credo, due certezze fondamentali, che all’inizio, come dice l’Evangelista, e’è la parola (in principio erat Verbum), e che alla parola, come hanno sottolineato i grandi narratori della Genesi, da Michelangelo a Blake, si accompagna sempre nello stesso istante un gesto del braccio e della mano di Dio. Il segno, la linea tracciata sul foglio dal poeta o dall’incisore, è la risultanza fisica del gesto inaugurale. Attraverso il gesto e il segno che il gesto traccia nell’aria o sulla carta, la parola diventa carne, creatura. Le incisioni del Bocelli mi sembrano rivelare, e conservare nel tempo, la magia dell’istante in cui, dal nulla, si crea una linea, e la linea diventa un gomitolo compatto di segni sempre più sicuri, sempre più fitti, sempre più intricati, e finalmente ci consegna una forma riconoscibile, un corpo, una creatura, nitida e prepotente sulla lastra e sul foglio come i graffiti degli sciamani sulle pareti delle caverne preistoriche. Perciò non hanno spazio tridimensionale intorno, le sue figure, non hanno piano d’appoggio e sono fuori dall’ora, dall’atmosfera e dai suoi fenomeni. Le sue bestie come le sue verdure – i carciofi, le viole, le zucche, i girasoli, le pigne – e le sue rare forme umane, i suoi rari paesaggi, dove le montagne e le città tendono ad assomigliare alla scorza scabra di un frutto o di un albero, hanno l’assoluta immanenza e insieme l’assoluta distanza degli archetipi, sono presenti e lontanissimi come i fossili affioranti in una roccia o come gli insetti catturati e imprigionati per sempre – morti e immortali – dentro un grumo d’ambra.
Vederli tutti insieme, i numeri della sua produzione, davvero procura un’impressione ambigua e spiazzante. Ci troviamo in una wunderkammer, accompagnati da un bonario Archivista che con ironia cremonese interviene di quando in quando: “Carino, vero? È una cosina fresca, sfiziosa”? O invece in un laboratorio dove uno Sciamano o Demiurgo poco rassicurante sta mettendo a punto, dietro una tenda o una porta, nuove colture genetiche, nuove metamorfosi? (Basilio Luoni)
Cenni biografici
Giuseppe Bocelli è nato a Cremona e vive a Como. Magistrato, coltiva nel contempo la grafica e la scultura, riscuotendo l’apprezzamento di Giovanni Testori. Ha esposto alla Pinacoteca civica di Como e in gallerie a Milano, Mantova e altre città.
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