Mar. Lug 16th, 2024

Da sinistra: l'arch Renzo Piano, il direttore Claudio Abbado e il dott Fabio Roversi-Monaco presentano il progetto per il nuovo auditorium di Bologna, Foto Eikon Studio 2011

“Credo (Bologna, ndr) abbia ancora la voglia di fare scommesse” – “Costruiamo un baluardo contro la barbarie” (1)

Chi parla, nell’aprile del 2011, è l’architetto Renzo Piano a proposito del progetto per un auditorium della musica che ha progettato e regalato alla città, probabilmente su impulso di Claudio Abbado che ha fatto di Bologna la sua città di adozione, e che dovrebbe sorgere nell’area verde dietro al MAMbo, il giardino del Cavaticcio.

Di Stefano Boninsegna

 

Stesso periodo, Massimo Mezzetti, assessore della Regione Emilia Romagna alla cultura, invita alla prudenza: “È un’ipotesi affascinante e suggestiva. Ma è bene sapere quanti saranno gli attori che vorranno far parte di questa trama, poiché essa richiede un fortissimo impegno per la gestione e la sostenibilità“. (2)

A elezioni vinte, il nuovo sindaco del PD Virginio Merola resta come sempre ambiguo, a dispetto del suo ex slogan (Se vi va tutto bene, io non vado bene): “Un bel progetto, ma si inserisce in una situazione difficile” (3) e continua indicando altre priorità, dal Teatro Comunale al Duse. Come dire che a lui quel progetto non interessa e gli sembra sovrabbondante in un panorama artistico cittadino che vede grandi istituzioni culturali esistenti in difficoltà finanziarie e sull’orlo della chiusura. Come dargli torto? Il ragionamento è concreto e cristallino, se non fosse che quell’essenza di Bologna data dalla voglia di fare scommesse, di dare vita alle idee, bisogna ammettere che è solo un ricordo sepolto sotto metri di conservatorismo e paura di cambiare.

Teniamo il vecchio, facciamolo funzionare, ma del nuovo per ora non se ne parla. Questa era la città della Cultura e dell’Università, con il primo quartiere fieristico degli anni Settanta proiettato sul futuro per sostenere l’industria locale e ora non lo è più. D’altra parte anche la massima espressione dell’Università di Bologna, la Clinica Universitaria Ospedale Sant Orsola, è ora un ricordo di efficienza, rimanendo solo il punto di approdo dei giochi di potere del mondo accademico e politico, una fotocopia sul reale di un’Università e di una classe dirigente inefficienti che creano quasi esclusivamente problemi. E qui non c’entra la destra o la sinistra: tutti identici.

Invece l’auditorium sarebbe un piccolo gioiello, uno di quei progetti che i turisti si segnerebbero sulla guida e l’occasione per creargli attorno valore con stagioni musicali importanti. Il fatto che le nostre città abbiano alle spalle tanta storia e tanti immobili di prestigio non vuol dire che ci si debba fermare per sempre. I nostri centri storici sono il risultato di stratificazioni secolari durante le quali il volto delle città è stato ridisegnato radicalmente più volte. Non c’è un’epoca pura da salvaguardare come faceva il sovrintendente alle Belle Arti di Bologna, dott Garzillo, che ha benedetto un santo sotto le Due Torri perchè in epoche medioevali lì c’era, e ha impedito di fare passare un tram nel centro di Bologna perchè si doveva raschiare a fondo le strade, dimenticandosi che in quelle stesse strade il tram già c’era passato per gran parte del Novecento fino agli anni Settanta.

Finirla con questo terrore del nuovo che fa gridare allo scandalo se si costruisce una torre alta più di 120 metri in estrema periferia perchè è più alta della Torre degli Asinelli del XII secolo. Se i nostri antenati avessero ragionato così ora abiteremmo ancora sulle palafitte! Stiamo diventando patetici e ridicoli e stiamo rovinando le generazioni future che si troveranno a vivere in una nazione retrograda e probabilmente dovranno andare a lavorare altrove. Questa considerazione riguarda una classe dirigente venuta su dal basso e che non riesce a pensare in prospettiva, ma solo a gestire l’esistente senza creare valore, spendendo ciò che si era guadagnato negli anni passati. Un’idea di vita parassitaria che vede nel reddito fisso scollegato dalla produttività e dalla ricerca l’unico modello perseguibile di vita. Ma questo è un modello conservatore di provenienza catto-comunista che costa caro e dura lo spazio di poche generazioni: muore quando è finita la ricchezza su cui è nato ed è proliferato.

Il progetto dell’auditorium creerebbe attorno a sè una cittadella delle arti dando voce alla grande scuola della musica di Bologna e ridisegnerebbe l’area circostante sul modello dei grandi progetti internazionali dove non c’è mai un edificio nel nulla, ma sempre in un ampio spazio progettato da vivere.

Purtroppo credo che Renzo Piano per ora continuerà a lavorare altrove. La voglia di fare scommesse qui a Bologna non c’è e in Italia non c’è neppure l’idea di fermare la barbarie, piuttosto il contrario. (di Stefano Boninsegna)

(1) (2) (3): fonte delle citazioni Repubblica Bologna 19-04-2011

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