Gio. Nov 21st, 2024

Mostra patrocinata dal Comune di Villafranca e organizzata dalle pasticcerie: Giacomelli – La San Giorgio – Molinari – Roveda – Zocatelli – De Bortoli (Villafranca VR)

Catalogo in mostra con presentazione di Luca Cremonesi (Arianna Sartori Editore, Mantova)

 

Questo importante catalogo, traccia destinata a durare nel tempo, racconta una mostra ma, soprattutto, testimonia un’avventura che è un felice connubio fra ciò che tradizionalmente definiamo “Arte” (il mondo di ciò che si rende visibile, in varie forme, come sostiene Paul Klee) e l’ambito della cucina, in particolar modo della pasticceria, che finalmente è stato riconosciuto, a pieno titolo, come regione del vasto mondo dell’Arte appunto. Villafranca è patria, come è noto, della sfogliatina la cui ricetta tradizionale ha origini storiche che la rendono unica e, per questo motivo, particolare. Unicità e particolarità sono anche gli elementi che da sempre caratterizzano l’Arte, un vero “paese delle meraviglie”, con esplicito riferimento alla grande invenzione letteraria e concettuale di Lewis Carroll, un mondo cioè dove tutto è possibile e dove le regole sono sempre stravolte per ottenere creazioni uniche e davvero particolari. Tuttavia un altro elemento accomuna l’arte, tradizionalmente intesa, e l’alta cucina: il mestiere, e cioè il lavoro che ogni artista mette in campo al fine di dare vita alla propria creazione. Sia chiaro sin da subito infatti: nessuno nasce artista completo, fatto e finito. Artisti si diventa con predisposizione, senza dubbio, ma anche e soprattutto con passione, dedizione, capacità di sovvertire le regole ed eccedere le forme, e senza alcun dubbio (chi dice il contrario mente a se stesso, ma all’arte in generale) nessuno si può permettere il lusso di non apprendere il mestiere. Un taglio nella tela non è mai stato l’espediente, e neppure l’alibi, per non sapere come si disegna un corpo, che qualità hanno i vari materiali, come si costruisce una tela, come si lavora il marmo, il bronzo, come si usano pennelli, colori, scalpelli e martelli ecc. Il vero artista è chi, appreso il mestiere, e cioè tecniche e conoscenza della materia, riesce a creare davvero qualcosa di nuovo. Il valore di novità di un’opera è nel destino di diventare qualcosa di particolare, un oggetto cioè capace di superare uno stile e una scuola affermando – con la sua presenza – un nuovo modo d’essere, un nuovo stile e una nuova scuola che prima non esistevano. Solo così, infatti, chi verrà dopo dovrà imparare a sua volta, per rabbia o per amore, quel particolare e unico modo d’essere che da quel momento diventa necessario strumento che ogni artista dovrà conoscere. Non è questione di progresso, ma di precedente, sul modello della giustizia statunitense, che funge da casistica alla quale non ci si può sottrarre. Il rischio è di essere epigoni, di cercare cioè copie e repliche di particolarità già accadute. Qui risiede l’unicità del gesto creativo che rende “opera d’arte” ciò che sarebbe semplicemente un oggetto del mondo “senza arte ne parte” parafrasando il noto adagio popolare. La materia, ma anche il mondo stesso, letteralmente si trasformano e divengono arte per l’idea – un tempo si sarebbe detto l’intuizione – ma soprattutto grazie al lavoro del singolo artista che trasforma quell’oggetto in un unicum irripetibile. Le componenti, dunque, sono di sicuro due: l’intuizione (l’idea artistica), ma anche “la mano”, e cioè la storia, la vita, la peculiarità di ogni artista che diventano il vero valore aggiunto in ogni singola creazione. Non è affatto vero che quella particolare scultura poteva essere fatta da chiunque, come è falso che data una penna a una scimmia, e del tempo, prima o poi scriverà L’Amleto. Chi sostiene questo non apprezzare il valore dell’arte, l’unicità della creazione, e, quindi, a ben vedere, l’importanza di ogni singola vita. Il mercato dell’arte si ferma al valore della firma; occasioni come quella che andiamo a presentare ci permettono, invece, di valorizzare storie, ma anche vite che stanno crescendo e che poi diventano firme. È l’occasione per osservare, toccare, visionare lo stile, la creazione e l’opera di artisti la cui peculiarità risiede nel lavoro artigianale della loro produzione. Non si fraintendano le mie parole: gli artisti che qui trovate non sono dilettanti e neppure avventurieri dell’arte. Si tratta di uomini e donne che con passione, dedizione, fatica, lavoro e mestiere vedono crescere la loro opera e la scorgono muoversi nel mondo dell’arte dove è riconosciuta e stimata perché frutto di un mestiere perseverato e approfondito, non senza sacrificio e dedizione. L’arte è da sempre provinciale e di bottega, di studio privato dove avviene il necessario apprendistato. Tutti i grandi artisti ci dicono la stessa cosa: impara per poi eccedere, impara per disimparare. Con buona pace di chi si impone regole, vincoli e gabbie per scrivere, dipingere, girare, scolpire, fotografare. L’arte crea e si fa perché è un mestiere nel quale convivono differenti variabili: gusto, conoscenza, pratica, dedizione, amore. Anche l’apprendistato, dunque, è scuola necessaria e indispensabile. Non è la banalità della “vita quale grande palestra” e neppure della “quotidianità quale unica fonte di esperienza”. Gualtiero Marchesi, il grande cuoco, lo sintetizza così: “Io ho imparato tutto dagli altri, anche se avevo respirato la cucina fin dalla nascita. L’inclinazione ha il suo ruolo, ma il mestiere si ruba. E io l’ho rubato”. Ecco, dunque, che la cucina e l’arte hanno ben più di un tratto in comune: dal necessario apprendistato fino all’opera che si crea, si guarda, si tocca, si mangia, si gusta. Se è vero che l’arte è un’esperienza completa per i nostri sensi, è altrettanto vero, dunque, che il mondo della cucina è a pieno titolo parte integrante e integrata di quest’ultimo. Non solo perché l’oggetto si tocca e si vede, come accade per una scultura o una tela, ma anche e soprattutto perchè quella creazione è un concerto di sensazioni che deve funzionare in perfetta armonia. Un ottimo cibo deve soddisfare i sensi proprio come l’opera d’arte, nell’accezione hegeliana di bella apparenza (l’arte è l’apparire sensibile dell’idea), si da a vedere e mostrandosi appaga i nostri sensi. Il primo spettatore dell’opera d’arte è l’artista stesso che decide, liberamente, quando un’opera è finita; quando cioè quel blocco di sensazioni – come scrive il filosofo francese Gilles Deleuze – funziona e inizia a vivere come opera d’arte. La creazione di una ricetta, di un piatto, di una portata segue esattamente le stesse regole con una differenza: la ripetibilità, ma è una ripetizione che ogni volta differisce e che ogni volta va interpretata, proprio come accade per una sinfonia, per un concerto. Gli ingredienti sono gli stessi, ma le variabili che condizionano in modo concreto il risultato finale, sono molteplici e ogni esecutore interviene a suo modo rendendo, di fatto, unico e particolare ciò che la ricetta descrive. Se mondo dell’arte e mondo della cucina dialogano e possono convivere, non è più per mero intrattenimento e neppure per contorno adeguato, ma perché hanno a che fare con l’unicità e la particolarità, elementi necessari perché il mondo (ma non solo…) sia davvero vissuto come opera d’arte. Quando i due mondi – arte e cucina – si fondono insieme, come accade per la particolare e unica sfogliatine di Villafranca e per questa mostra di cui trattiamo, tutti e cinque i sensi funzionano e qui, davvero, si raggiunge la sublime – umana e tutta umana – gioia della perfezione. (di Luca Cremonesi)

 

GLI ARTISTI

Nicola Biondani, Sergio Capellini, Sabrina Ferrari, Zeno Finotti, Ernesto Lamagna, Valerio Melchiotti, Elena Mutinelli, Cesare Paolantoni,o Roberto Pollio, Michal Rosenberger.

 

Palazzo Bottagisio

Via Pace – Villafranca (VR)

Dal 17 al 29 giugno 2011

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