Negli ultimi anni si è parlato poco della crescita della città di Bologna, si è invece parlato tanto di legalità al punto che un sindaco ha occupato mesi e mesi per scrivere un documento tutto incentrato su questo chiudendo o intimidendo di chiusura gli esercizi pubblici, strozzando ogni tentativo di incontro giovanile e ostacolando le imprese che potevano lavorare con il Comune di Bologna, armato di carte bollate, regolamenti, leggi e azzeccagarbugli vari. La città si è paralizzata.
Nella realtà il periodo prima della crisi economica è stato uno dei più importanti per l’edilizia privata che è cresciuta seguendo le regole dell’ultimo piano regolatore generale, il PRG del 1985, pensato dall’allora giunta Vitali assieme a star dell’architettura, come Giuseppe Campos Venuti e Paolo Portoghesi, con il contributo importante dell’arch Pier Luigi Cervellati.
La legge regionale n. 20 del 2000 ha sostituito il P.R.G. con tre strumenti distinti: il Piano Strutturale Comunale (PSC), il Regolamento Urbanistico Edilizio (RUE) e il Piano Operativo Comunale (POC), distinguendo gli aspetti strutturali e strategici dalla disciplina attuativa e regolamentare. Ma il vecchio PRG aveva la caratteristica di essere a tempo indeterminato, quindi sempre in vigore, una specie di legge spirituale dell’urbanistica delle città che doveva trasformarsi in realtà pian piano, con attuazione dei piani particolareggiati. Così la Bologna che sta crescendo oggi a macchia di leopardo è il risultato ancora di quel PRG, che già per scriverlo ci misero più di 5 anni, e per realizzarlo non si è ancora oggi arrivati alla fine.
Paolo Portoghesi a “La Repubblica”: «Il piano regolatore di Bologna del 1985 ha attraversato una serie di difficoltà, a partire dai cinque anni che impiegò per essere approvato. Così ha finito per tradursi in un´avventura malinconica». (…) «L´enorme ritardo con cui è stato attuato (il PRG del 1985 ndr), che porta a una oggettiva difficoltà per i cittadini nell´interpretare le costruzioni che oggi vedono sorgere. Del resto in tutto il Paese siamo così in ritardo su tutto che non mi stupisce. Ma il Prg ha avuto anche un grande pregio, quello di costituire un modello, in tutta Italia, di urbanistica contrattata, di disegno della città concordato tra le forze politiche e con i cittadini».
D’altra parte è questo il destino di strumenti amministrativi indeterminati come i PRG, nati nell’Ottocento quando il potere era forte, e piegati successivamente alla contrattazione dei nostri attuali amministratori che sperano di mediare tra cittadini, imprese, singoli, comunità e affari loro. Risultati: pessimi. Tutti si lamentano, tutti dicono la loro, tutti finiscono per dire “no” per partito preso e interessi di parte e la città si paralizza, come in questi anni, e non capisce più cosa si sta facendo e cosa no.
Contemporaneamente il senso di degrado dovuto alla decadenza economica e politica della nazione è tangibile. La crisi economica e la cattiva amministrazione stanno lasciando i loro segni. La peggiore crisi economica dal 1929 ha fatto calare le risorse per i servizi e la cattiva amministrazione ne ha aumentato i costi.
Come ci ha ricordato la giornalista Milena Gabanelli sempre su “La repubblica”: “Se siamo a questo punto dobbiamo ringraziare amministratori, a mio avviso inadeguati, come Sergio Cofferati e Flavio Delbono e i politici che li hanno appoggiati. Per trovare una persona veramente competente al governo della città bisogna andare molto indietro nel tempo. Ma la cattiva amministrazione ha un costo e di costo in costo si arriva a spegnere la luce”.
Tuttavia a volte sembra cominci a muoversi qualcosa. Si sono fatte le primarie con un’ottima risposta da parte dei cittadini; gli imprenditori, seppure debolmente, si fanno sentire; il circuito dell’arte si muove sotto la spinta di personaggi illuminati come la Silvia Evangelisti, curatrice di Arte Fiera, e Fabio Roversi Monaco, ideatore ed artefice del Museo della Città di Bologna e Presidente di Bologna Fiere.
Non mancano le idee per fare girare il motore della città, fatto di imprese e posti di lavoro: il tramontato progetto Romilia di Alfredo Cazzola e ora il progetto di sviluppo di Vittorio Casale della zona nord, nato dopo avere sembra accantonato l’idea di costruire un nuovo stadio e fare al posto del vecchio una zona residenziale.
Tutti progetti – forse criticabili ma cosa non sarà mai criticabile? – che sono indice della presenza di capitali in attesa di essere movimentati e di progetti di sviluppo che possono creare posti di lavoro.
Il tramonto del gigantesco PRG eterno doveva liberare le energie per poter “fare” nel momento del bisogno e non rimandare tutto alle calende greche, come il nuovo CAAB realizzato quando era già mutata da tempo la logistica delle imprese agro-alimentari e non serviva più.
Purtroppo i nostri amministratori hanno piegato le nuove possibilità di un governo snello ai loro interessi miopi paralizzando la città.
Contemporaneamente non si è più riusciti a pagare i servizi che la città aveva creato negli anni precedenti senza spiegare ai cittadini che quei servizi stavano in piedi perchè c’erano ricchezza e lavoro. Senza impresa e senza lavoro i servizi non si riescono a pagare. Questo è il nodo da sciogliere a Bologna. Ricominciare a correre per potersi permettere la qualità della vita che si vorrebbe, anche tornando su decisioni azzardate come la chiusura totale al traffico del centro storico, brandita in modo propagandistico da tanti ma che mostra tutti i suoi cattivi frutti: la qualità dell’aria si misura nell’intera città e non solo nel centro storico, che è piccolo, ma sufficientemente grande da far sì che la sua chiusura totale lo faccia morire come è accaduto in tutta la zona nord che ora versa nel degrado.
Permettere nuovamente alle imprese di investire in progetti. Questo è fondamentale. Attirare investimenti e imprese nella Provincia. Impedire ad una classe politica incompetente di bloccare la città misurando il loro operato e mandandoli a casa se gli obiettivi non sono stati raggiunti. Riprendersi a cuore la città fin dai progetti più piccoli dei singoli, che sia un’idea commerciale, manifatturiera, di comunicazione o altro, l’importante è “fare”. Il nuovo progetto di sviluppo urbanistico accanto alla Fiera può essere un primo importante passo, ma i tempi dovranno essere “cinesi”! Veloci!
L’arch Paolo Portoghesi ci lancia una visione della città che è colta e suggestiva, per il collegamento che riesce a suggerire tra le antiche immagini della Bologna turrita vista dai colli e quella che potrebbe diventare la futura città turrita vista da una highway:
«Uno degli elementi più interessanti per il futuro della città sono gli edifici che si sviluppano in altezza. Le torri per Bologna hanno sempre avuto un significato preciso, noto un certo ritorno a questa forma di progetto, che in modo semplicistico chiamiamo grattacielo. Certo, non dovrà essere una soluzione «normale», adottata su grande scala. Penso piuttosto a elementi eccezionali, utili per rendere percepibili da lontano le distanze tra i diversi punti della città e dare un´identità alle periferie».
Forse alle prossime elezioni dovremmo ripensare a chi si sta votando: un sindaco non è una persona sola, ma è in compagnia di chi lo sostiene e chi ha sostenuto gli ultimi è ancora lì che cerca di sostenere il prossimo. Ridisegnare la città partendo dalle persone che dovranno amministrarla. (Di Stefano Boninsegna)
.