Gio. Nov 21st, 2024
Paolo Manazza | UNTITLED III | 2015 pollock say abstract art should be enjoyed like music 70x100 cm

Situata nel cuore della città di Sestri Levante, con i piedi nell’acqua della Baia del Silenzio, la Galleria CREATINI&LANDRIANI si propone come un nuovo spazio cittadino dedicato all’arte Antica e moderna. La galleria si prefigge l’obiettivo di attrarre le nuove generazioni soprattutto verso l’arte antica, coniugando cultura, mercato e passione in un percorso di accompagnamento e cura dei collezionisti.

Paolo Manazza | UNTITLED III | 2015 pollock say abstract art should be enjoyed like music 70×100 cm

Pietro Landriani, milanese di nascita, ha scelto Sestri Levante per aprire la galleria come una sorta di scoperta di un territorio speciale che rappresenta un ideale punto di incontro fra il mare, la pianura e la montagna, dove si rinnova lo storico legame artistico e culturale fra Liguria e Lombardia.

Qualità, curiosità ed entusiasmo sono le linee guida della galleria spaziando tra l’antico, con particolare attenzione al ‘600 genovese con tutte le implicazioni che questo periodo così interessante porta con sé, commerci e relazioni importantissime con le Fiandre, la Spagna, la Francia e con le regioni italiane geograficamente più vicine come il Piemonte, la Lombardia, la Toscana e l’Emilia.

Le mostra di Paolo MANAZZA – I COLORI DEL SILENZIO – si inserisce senza tempo in quel racconto della pittura che usa i colori in risonanza con l’anima e come ama ripetere Paolo: “fanno impazzire di gioia”. Ed è proprio nella luce speciale del Tigullio che ho il piacere di poter esporre sette bellissimi dipinti di Paolo Manazza da guardare in maniera speciale non solo con gli occhi ma anche un po’ con il cuore.

Pietro Landriani

 

Paolo Manazza fa parte di quella generazione di artisti che ancora oggi, nel mare magno dei nuovi linguaggi dell’arte contemporanea, tenta di esplorare le infinite possibilità della pittura. Non della figurazione, di cui non solo in Italia è in corso una (poco edificante) diatriba, ovvero se sia o meno auspicabile un ritorno al primato della tecnica sulle orme della tradizione rispetto alle nuove tendenze bidimensionali. Manazza si spinge nelle viscere della pittura interrogandosi sul significato e sulla forza del colore rispetto al concetto di forma, che ne è in rapporto osmotico ma al contempo al servizio. La ricerca del colore, sulle orme solo apparenti dei grandi padri dell’espressionismo astratto, attiene ad una dimensione più esistenziale e spirituale che fa parte integrante dei bisogni della nostra epoca.  Più pregnante, osservando i cromatismi e le vibrazioni suscitate dagli accostamenti delle campiture e dalle loro trasparenze, appare nel suo caso l’analisi di Wassily Kandinskij secondo cui l’arte invece deve emozionare, deve creare un contatto profondo diretto nuovo, capace di addentrarsi all’interno dell’”io” di chi sta osservando e le forme devono creare armonia per ottenere un efficace contatto con l’anima. E la sua metafora appare quanto mai esaustiva:  l’anima è un pianoforte, e l’artista è la mano che toccando i vari tasti fa vibrare l’anima. La mano dell’artista, nel caso di Manazza, attinge alla volontà di giocare con la forza e la luminosità dei pigmenti  per creare un effetto mistico, sentimentale, di trascendenza e di mistero. La volontà cioè di dare vita a una realtà completamente “altra” dove il quadro, così come nella lezione di Mark Rothko,  diventa una finestra aperta su un mondo trascendente, catturandoci nelle sue inconfondibili e intense “rivelazioni di emozioni assolute”.

Mimmo Di Marzio

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