“Le proposte che il Gruppo Credito Valtellinese mette in programma per la sua sede espositiva di Sondrio – evidenzia Miro Fiordi, che del Gruppo bancario valtellinese è il Presidente – sono spesso legate al territorio. Non nella accezione provinciale di mostre pensate e realizzate per chi vive nel posto. Ad essere privilegiata invece è una visione praticamente transnazionale che, collegandosi alla storia e alle caratteristiche della Valtellina, offre occasioni di approfondimento culturale più ampie”. Esempio di questa linea guida è l’antologica che il Credito Valtellinese ha voluto dedicare a Bruno Ritter: è infatti la comune esperienza del confine e della realtà alpina a collegare la Valtellina e Sondrio alla figura di Ritter.
Ufficio Stampa
Studio ESSECI – Sergio Campagnolo
Quasi in contemporanea, il Museo Ciäsa Granda di Stampa in Bregaglia, paese natale di Alberto Giacometti, dedica a Bruno Ritter la mostra “Leggende e storia”, allestita dal 1 giugno al 20 ottobre 2017 in occasione dei 500 anni della Riforma protestante (la Bregaglia costituisce una realtà unica nel suo genere, quella di un territorio culturalmente italofono a maggioranza protestante). Si tratta di una trentina di opere realizzate negli anni 2014 – 2016, alcune con riferimenti alla Bregaglia, altre in stretto riferimento all’opera di Matthias Grünewald (1480-1528), i cui personaggi drammatici sono inseriti in un contesto religioso. Val Bregaglia e Valtellina dunque insieme per un percorso espositivo di grande ricchezza e fascino.
Bruno Ritter conosce bene la montagna e i suoi abitanti: la sua quotidianità si svolge infatti tra la Svizzera, dove è nato, dove si è diplomato in arte e dove l’arte l’ha insegnata oltre che praticata, e l’Italia. Proprio qui, nel Castello di Chiavenna, ha scelto di avere il suo studio. Ogni giorno, partendo da Borgonovo, egli passa per vallate e alti monti cari a Nietzsche, Segantini, Giacometti, per raggiungere gli oleandri, le palme e i cipressi di Chiavenna.
Un oscillare che è anche quello tra le radici nella pittura di Dürer e Grünewald, nel Nord tedesco e l’arte italiana, soprattutto quella del Novecento, di Birolli, di Levi, della Scuola Romana, di Carlo Carrà, arrivando sino a Morlotti e Vedova. Ma passando per Otto Dix, Ernst Fuchs e Max Beckmann. Stimoli diversissimi, metabolizzati e resi essenza, per raggiungere un linguaggio del tutto originale.
La pittura di Ritter esprime un universo di solitudini e di melma, di spazi asfittici tradotti in pennellate materiche, quasi di sostanza geologica; formati di vertiginosa verticalità (siamo nella valle di Giacometti!) bloccano il movimento delle figure, le sigillano in silenzi inscalfibili, impediscono al gesto, al segno di dispiegarsi in una sua fluidità di ritmo e lo costringono talvolta in uno spezzato ossessivo.
I suoi oli sono potenti. Intrisi di colore e di bianco, di luce vivida e di terre. Pacati e violenti, fatti di silenzi, di assenze e di caos vitale, pittura di forti contrasti e continue sorprese. Il tutto condensato, riunito; non necessariamente in modo armonico.
La mostra, composta da circa 60 opere, attraversa la storia del suo lavoro: autoritratti severi (l’artista è però tutt’altro che figura severa. Concentrato, riflessivo sì), paesaggi, interni, il tema delle rocce sagge (ispirato alla lunga tradizione cinese), la lotta e l’insonnia (due temi forti legati a quell’inquietudine umana che ognuno, prima o poi, sperimenta), quello dei rematori (attualissimo e arcaico al tempo stesso) scelti da Cristina Quadrio Curzio e Leo Guerra con Bruno Ritter nel suo atelier a Chiavenna.
L’ultimo ciclo, quello dedicato al tema dei rematori e della Zattera a tutta prima potrebbe apparire paradossale per un uomo di montagna, in realtà montagna e zattera sono i due volti di una stessa strettoia, di una stessa minaccia, di una stessa tragedia; la lotta per sopravvivere può stemperarsi in follia auto distruttrice. L’aspirazione alle vette può diventare fatale desiderio di abbandonarsi all’abisso (e ben lo rammentano i drammatici ritratti di suicidi eseguiti da Ritter qualche anno fa, suicidi che si lasciano annegare nelle acque limacciose di un lago artificiale di montagna, quasi a tornare all’oblio di un grembo).
E davvero la montagna è, in questo ciclo della Zattera, sempre paradossalmente presente: è la forma aguzza che par sottendere una cima innevata alta sopra il capo di uno dei sopravvissuti , come a ribadire una condanna; è l’ammasso dei corpi che invadono la tela fino al limite superiore, impedendo allo sguardo di perdersi in lontananza; è il diffuso tema del mare inteso come materia oscura, opaca, impenetrabile, pesante; è il contorcersi delle figure che, come già nella serie delle donne-montagna, delle donne-ombra, paiono mutarsi in rocce antropomorfe, in aspri scogli che emergono dalle acque buie; è il colore della fanghiglia, del muschio e del granito; sono i formati da vertigine, veri emblemi dello spazio valchiavennasco. L’imponente paesaggio di Canete entra, con l’occasione della mostra, a far parte della collezione del Credito Valtellinese.
La mostra è accompagnata da un catalogo a tiratura limitata, edito da Fondazione Gruppo Credito Valtellinese, che ripercorre i temi fondamentali selezionati per l’esposizione. I testi sono di Andrea Vitali, Beat Stutzer e Paola Tedeschi Pellanda.
Galleria Credito Valtellinese
Piazza Quadrivio, 8 – Sondrio
MVSA, Palazzo Sassi de’ Lavizzari
Via M. Quadrio, 27 – Sondrio
Durata
9 giugno – 15 settembre 2017
Orari e ingressi
Galleria Credito Valtellinese e MVSA
da martedì a venerdì h. 9.00 – 12.00 / 15.00 – 18.00
chiuso sabato, domenica e lunedì; 15 agosto
INGRESSO LIBERO
www.creval.it
Museo Ciäsa Granda
www.ciaesagranda.ch