La città narcisista. Milano e altre storie presenta per la prima volta in Italia una ricognizione sul lavoro del fotografo Giapponese Takashi Homma, attivo sulla scena internazionale dai primi anni Novanta. L’esposizione si sviluppa intorno a tre tematiche principali, ricorrenti nell’intero corpus di lavoro di Homma: la città; l’incontro tra la natura e l’azione dell’uomo; l’atto di vedere e quello di rappresentare che sono alla base dell’operazione fotografica.
PCM Studio
La città è protagonista della serie che dà il titolo alla mostra, realizzata da Homma appositamente per questa occasione. Si tratta di fotografie di frammenti di Milano in cui sono riconoscibili alcune delle architetture più iconiche: il Duomo, la Torre Branca, la Torre al Parco di Vico Magistretti, oltre ai più recenti grattacieli che hanno popolato l’orizzonte urbano negli ultimi anni, opera di Zaha Hadid e Arata Isozaki. Homma riprende queste fotografie con una camera oscura, rifacendosi non soltanto alla storia del mezzo che utilizza e della rappresentazione prospettica in generale (molti pittori, da Leonardo a Canaletto, da Caravaggio a Vermeer, hanno dipinto aiutandosi in questo modo), ma risalendo ancora più indietro: è la città che, come Narciso, si specchia nell’acqua, ritrovandosi sottosopra e offrendosi di conseguenza alla propria riscoperta. La metropoli improvvisamente rallenta nelle fotografie di Homma, il brulichio delle strade è sostituito dalla lentezza del rituale: finalmente si può esplorare ogni dettaglio.
L’interesse di Homma per l’architettura è evidente in una ulteriore selezione di immagini realizzate nel corso degli anni a edifici di grandi autori in tutto il mondo. Ci sono Alvar Aalto, Pierre Jeanneret, Le Corbusier, Oscar Niemeyer. Le fotografie di Homma rifuggono qualsiasi tecnicismo. Anziché omologarsi ai più riconoscibili codici di genere, fatti di rette perfettamente ortogonali, luci diffuse ed esclusione di qualsiasi distrazione, il fotografo giapponese riprende ogni genere di costruzione come se fosse qualsiasi altra cosa. Le architetture sono incluse in maniera perfettamente democratica nel flusso della sua opera e della sua visione. Con uno speciale interesse per le finestre, intese qui come elementari dispositivi per guardare: dentro, dando luce alle stanze, così come fuori, aprendosi sull’esterno.
La natura si inserisce nel percorso della mostra attraverso una selezione di tre serie. Le onde sono un soggetto privilegiato del lavoro di Homma fino dal 2003, quando dedica un’intera pubblicazione, New Waves, esclusivamente a questo fenomeno. Il rigore scientifico si mescola a una sensibilità impressionista. Qui si tratta però di una sequenza di onde riprese ogni anno dopo lo tsunami del 2011 e il conseguente incidente nucleare. La bellezza del mare si ammanta di una misteriosa oscurità. La potenza della natura si mescola a quella dei prodotti dell’ingegno umano. Allo stesso modo, i funghi della serie Mushrooms from the Forest (2011) sono stati fotografati esclusivamente nei boschi intorno alla centrale di Fukushima. Si tratta dunque di veri e propri ritratti di sopravvissuti, apparentemente candidi e incontaminati, eppure intrisi di veleni letali. Trails, del 2009, accosta ancora uomo e natura attraverso un inesorabile cortocircuito di bellezza e violenza: sono fotografie delle tracce lasciate sulla neve dai cervi feriti o uccisi dai cacciatori. Lungo un gelido viaggio tra rocce, ruscelli e alberi isolati, Homma usa il terreno come un foglio bianco e il sangue come inchiostro.
Al di là del soggetto specifico di ogni singolo progetto, la riflessione metalinguistica attraversa l’intera produzione di Takashi Homma, costituendone un immancabile motivo conduttore. Trails, in questo senso, è innanzitutto un’operazione di scrittura. Le onde sono un esempio perfetto di differenza nella ripetizione, fenomeno molto caro a chiunque si occupi di fotografia. Specchi (di Narciso) e finestre (delle architetture) sono poi tra le metafore più comuni e significative per riferirsi a questo mezzo. Nelle fotografie di Homma trova posto tutto questo. Sono immagini duplici: come un paio di occhiali con le lenti argentate, servono per guardare meglio, ma anche per riflettere.
VIASATERNA
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