Ven. Nov 22nd, 2024
Hockney di Randall Wright, 112'

Palazzo Grassi – Punta della Dogana prosegue l’analisi delle relazioni esistenti tra cinema e arte contemporanea e per il quarto anno consecutivo conferma la collaborazione con Lo schermo dell’arte Film Festival, la rassegna fiorentina diretta da Silvia Lucchesi, giunta alla sua IX edizione.

PCM Studio

Hockney di Randall Wright, 112′

Il Teatrino di Palazzo Grassi presenta da giovedì 2 a domenica 5 marzo, una speciale selezione di 10 film d’artista e documentari dell’edizione 2016 de Lo schermo dell’arte Film Festival, pensata appositamente per il pubblico veneziano.

Si inizia giovedì 2 marzo alle ore 18.00 con il lungometraggio di Marcie Begleiter dedicato all’artista americana Eva Hesse, figura fondamentale nella definizione dell’estetica minimalista.
Seguiranno le proiezioni dei film A Brief Story of Princess X di Gabriel Abrantes in cui l’artista dialoga ironizzando sulla storia compositiva della celebre scultura di Costantin Brancusi, e Ismyrne del duo artistico libanese composto da Joana Hadjithomas e Khalil Joreige, che indaga sui concetti di identità e appartenenza raccogliendo le parole della poetessa e artista Etel Adnan.

Venerdì 3 marzo dalle ore 18.00, sono in calendario due proiezioni: la nuova opera del premio Oscar francese Pierre Bismuth, Where is Rocky II?, narrazione in bilico tra diversi generi cinematografici, basata sulla ricerca ossessiva di un finto masso dipinto e in seguito nascosto nel Mojave Desert da Ed Ruscha nel 1979; e il documentario Hockney di Randall Wright, ritratto del più celebre artista britannico del XX secolo.

Sabato 4 marzo, sempre alle ore 18.00, il programma è introdotto da #Artoffline di Manuel Correa, una riflessione sulle modalità di fruizione online delle opere e su come queste abbiano modificato il nostro approccio nei confronti dell’arte. A seguire la proiezione di Sudan, il documentario di Luca Trevisani che racconta l’esistenza dell’ultimo esemplare vivente di rinoceronte bianco settentrionale, attraverso inquadrature lente e ravvicinate che ne descrivono il prezioso corpo come se si trattasse di un’opera d’arte morente. Conclude la serie Remainder, il primo lungometraggio di finzione firmato da Omer Fast. Il film si basa sull’omonimo romanzo di Tom McCarthy e riflette sulle oscillazioni tra verità e realtà fittizia, svelando la natura effimera della mente umana.

Infine, domenica 5 marzo le proiezioni prenderanno avvio alle ore 17.00, con due titoli dedicati al mondo dell’arte contemporanea: The Chinese Lives of Uli Sigg di Michael Schindhelm, che tratta la vicenda del grande collezionista svizzero che per primo si è interessato alla nuove generazioni cinesi, e Don’t Blink Robert Frank, un esclusivo ritratto del celebre fotografo e documentarista americano che per la prima volta accetta di lasciarsi intervistare dalla sua collaboratrice e montatrice Laura Israel.

La programmazione del Teatrino di Palazzo Grassi dedicata all’immagine in movimento si è arricchita nel 2016 con una selezione di opere prodotte dalla Biennale de l’image en mouvement di Ginevra nell’ambito di una collaborazione tra le tre istituzioni.

Maggiori informazioni su Lo Schermo dell’arte Film Festival sono disponibili sul sito www.schermodellarte.org.

Il calendario completo della stagione culturale è disponibile sul sito di Palazzo Grassi, rubrica “calendario”. www.palazzograssi.it

LO SCHERMO DELL’ARTE FILM FESTIVAL
Venezia, Teatrino di Palazzo Grassi
da giovedì 2 a domenica 5 marzo 2017

IL PROGRAMMA

Giovedì 2 marzo
Ore 18.00
Eva Hesse di Marcie Begleiter, 108′
Eva Hesse è una delle artiste più influenti del dopoguerra americano. Le sue sculture realizzate in lattice, fibra di vetro e plastica hanno contribuito alla nascita del minimalismo degli anni ’60 e ’70 e hanno influenzato una nuova generazione di artisti. La sua breve carriera – morirà di tumore all’età di 34 anni – è stata contrassegnata da una produzione complessa che considera la pittura non come una superficie bidimensionale, ma come oggetti su parete che si protendono nello spazio dell’osservatore, per i quali utilizza materiali di vario tipo come corde, spago, fili, gomma, e vetroresina: nuovi objets trouvés. L’opera di Marcie Begleiter che riunisce preziosi documenti, i diari, la corrispondenza con l’amico e mentore Sol LeWitt e le testimonianze di artisti che la conobbero e la frequentarono (Carl Andre, Robert e Sylvia Mangold, Richard Serra, Dan Graham, tra gli altri). Il film mette in luce la forte personalità e la tenacia con cui a New York, in un ambito dominato da artisti pop e minimalisti di sesso maschile, un’artista donna sia stata capace di lasciare un segno indelebile.
Marcie Begleiter
La scrittrice e regista Marcie Begleiter è stata impegnata a lungo nella ricerca sull’artista Eva Hesse che è il soggetto del film Meditations: Eva Hesse con cui ha vinto il premio Durfee Foundation (2010) e del corto Eva Hesse: Walking the Edge commissionato dalla Hamburger Kunsthalle in occasione della retrospettiva sull’artista (2014). Il suo libro From Word to Image: Storyboarding and the Filmmaking Process (2001) rimane uno dei bestsellers più conosciuti al mondo. Ha scritto inoltre per numerose riviste e siti tra cui “Filmmaker Magazine”, “Indiewire”, “Indie Slate” e “Writer’s Store”.

Ore 20.00
A Brief Story of Princess X di Gabriel Abrantes, 7′
L’eccentrica e altezzosa principessa Marie Bonaparte (1882-1962), pronipote di Napoleone, fu scrittrice, psicoanalista e pioniera della libertà sessuale. Nel 1905 Sigmund Freud, di cui Marie fu allieva e del quale tradusse in francese l’opera, asseriva che l’orgasmo femminile derivasse dall’atto di penetrazione. Marie, invece, per niente persuasa da tali affermazioni e delusa dalla propria esperienza personale, teorizzò che esso fosse dovuto alla distanza che intercorre tra clitoride e vagina. Fermamente convinta della sua teoria, la principessa decise di sottoporsi a due operazioni chirurgiche al fine di raggiungere la propria soddisfazione. La vicenda è narrata e custodita nella storia dell’esecuzione dell’opera Principess X (1916) di Costantin Brâncuși. Il noto scultore dopo aver dedicato cinque anni al ritratto della committente Marie, distrusse l’opera Woman Looking in a Mirror (1909), trasformandola in una testa ovoidale leggermente inclinata e dal collo lungo che termina in un busto pieno, dall’ambiguo significato: una sinuosa forma fallica in bronzo specchiante. Ma tale trasformazione fu dovuta ad una sottile ironia dello scultore o ad una incomprensione tra la Principessa e il suo esecutore? Provocante e urticante il film di Gabriel Abrantes, voice-over della narrazione, dialoga ironizzando sulla storia di Princess X attenendosi fedelmente a fatti realmente accaduti.
Gabriel Abrantes
L’artista e filmmaker Gabriel Abrantes è nato nel 1984 in North Carolina. Ha studiato all’École National des Beaux-Arts (2005-2006) e a Le Fresnoy Studio National des Arts Contemporains (2007) e ha conseguito un BA in Cinema and Visual Arts presso la Cooper Union di New York nel 2006. Ha esposto suoi lavori in musei internazionali tra i quali il MIT di Boston, il Palais de Tokyo e il Musée d’Art Moderne di Parigi. Ha partecipato con i suoi film a vari festival tra cui l’Indie Lisboa Festival dove nel 2009 riceve il premio New Talent Fnac Award con il film Visionary Iraq. Nel 2010, A History of Mutual Respect, codiretto con Daniel Schmidt, riceve il premio per il Best International Short Film al Festival di Locarno. Fratelli, diretto con Alexandre Melo, vince il festival Curtas Vila do Conde, Porto nel 2011. Nel 2010 ha fondato la società di produzione Mutual Respect. Nel 2016 il suo film Freud und Friends è stato selezionato nella Berlinale.

Ore 20.15
Ismyrne di Joana Hadjithomas e Khalil Joreige, 50′
Joana Hadjithomas ed Etel Adnan si sono incontrate quindici anni fa. Il loro stretto legame di amicizia è dovuto alla comune provenienza dalla città turca di Smirne (Izmir), rasa al suolo dall’incendio del 1922 quando le rispettive famiglie sono state costrette ad allontanarsi dal paese. Da quel momento nessuna delle due donne ha mai fatto ritorno in Turchia: la famiglia di Joana è stata costretta all’esilio dopo la fine dell’Impero ottomano, mentre la madre di Etel che aveva sposato un ufficiale siriano dell’esercito ottomano, ha vissuto con la famiglia al confino in Libano dopo la caduta dell’impero. Etel e Joana nel corso dei loro incontri condividono i racconti e pochi velati ricordi a loro narrati, costruendosi una visione ideale di Smirne che le porta ad immaginare un possibile ritorno. Tuttavia Etel è troppo anziana e solo Joana riuscirà a raggiungere la città. Finalmente giunta nel luogo che nel tempo si era rappresentata nella propria mente grazie alle testimonianze e ai racconti dei familiari, Joana tenta di ricostruire, attraverso riprese e fotografie, il volto di una città di cui in qualche modo si sente parte. Il film indaga i concetti di identità e appartenenza, utilizzando vecchie pellicole che sfumano fino a impressionare, sugli occhi delle due donne, la nuova Smirne e il suo mare, esteso oltre i confini terreni ed immaginari.

Joana Hadjithomas e Khalil Joreige
Joana Hadjithomas e Khalil Joreige nati entrambi nel 1969 a Beirut, vivono e lavorano collaborando come registi e artisti tra Beirut e Parigi. Tra i loro film pluri-premiati si ricordano A Perfect Day (2005) e Je veux voir (I Want to See), con Catherine Deneuve e Rabih Mroué, presentato al Festival di Cannes nel 2008. Tra le personali si ricordano quelle dello Jeu de Paume (2016), di Villa Arson, Nizza e di Home Manchester (2014), del MIT, List Visual Arts Center di Cambridge (Massachusetts) (2015). Tra le manifestazioni internazionali il Festival d’Automne, il Festival d’Avignon, le Biennali di Istanbul, Lyon, Sharjah, la Triennale di Paris e l’ultima Biennale di Venezia (2015).

Venerdì 3 marzo
Ore 18.00
Hockney di Randall Wright, 112′
David Hockney è considerato uno dei più grandi pittori viventi. Esponente negli anni Sessanta della pittura Pop britannica, è noto anche per le sperimentazioni figurative tramite l’uso di Polaroid, fax, iPhone e iPad. Il film di Randall Wright è un ritratto dell’artista inglese che nell’America puritana degli anni Sessanta parlò della propria omosessualità attraverso un’arte personalissima e dirompente. Trasferitosi a Los Angeles, in pieno clima Pop, Hockney incomincia una rapida e travolgente ascesa grazie ai suoi grandi quadri, oggi ricercatissimi, con ville e piscine popolate da una umanità ritratta dal vero dal proprio cerchio di amicizie. Grazie alla testimonianza dell’artista e alle interviste ad amici e collaboratori quali Arthur Lambert, Celia Birtwell e Ed Ruscha, il regista costruisce un film che si snoda in un tour esclusivo tra le opere di Hockney, conservate nel suo archivio a Los Angeles e nel suo studio nello Yorkshire, dove dipinge ancora oggi.
Randall Wright
Vive e lavora a Londra. Ha diretto documentari, tra cui Lucian Freud: a Painted Life (2012) per il quale viene nominato per il Grierson Award e il British Academy of Film and Television Arts (BAFTA). Conosce Hockney mentre dirige Shock of the Old (2000), un film della BBC Omnibus sui grandi artisti che traggono ispirazione dalle opere della National Gallery di Londra. Successivamente gira il film Secret Knowledge (2002), dimostrando la teoria dello stesso Hockney secondo cui l’uso di alcuni strumenti ottici da parte di pittori come Vermeer e Caravaggio avesse anticipato di quasi un secolo l’invenzione della fotografia.

Ore 20.15
Where is Rocky II? di Pierre Bismuth, 90′
Un investigatore privato, un’opera d’arte introvabile e un’avvincente storia di fiction cinematografica, costituiscono la trama di questo film geniale dell’artista francese Pierre Bismuth. Tutto ha inizio dopo la scoperta da parte dello stesso Bismuth di un filmato del 1979 nell’archivio del BFI a Londra, in cui si vede l’artista americano Ed Ruscha collocare una roccia artificiale da lui realizzata nel deserto del Mojave, in California. Parafrasando il celebre film con Stallone, la scultura venne chiamata dal suo autore Rocky II. Intenzionato a ritrovare quel masso celato per quasi quarant’anni, Bismuth assume un investigatore privato, il detective Michael Scott, esperto in indagini su omicidi e rapine. Scott intraprende una minuziosa ricerca che prende inizio dall’ambiente artistico californiano vicino a Ruscha, con una serie di interviste ai più celebri curatori e direttori di musei di Los Angeles, tra gli altri Michael Govan (LACMA), Philippe Vergne (MOCA), Connie Butler (Hammer Museum). Parallelamente Bismuth coinvolge nel suo progetto artistico-cinematografico anche due celebri sceneggiatori di Hollywood, D.V. Devincentis (High Fidelity) e Anthony Peckham (Sherlock Holmes e Invictus) al fine di scrivere un soggetto per il cinema basato sugli stessi elementi da lui forniti all’investigatore. Where is Rocky II? intreccia documentario – l’investigazione di Scott – e fiction – il trailer realizzato dai due sceneggiatori per lanciare l’intricata vicenda di una spy story ambientata nel deserto del Mojave – e indaga il rapporto sfuggente che nel cinema esiste tra la realtà e la sua ricostruzione.
Pierre Bismuth
Nato nel 1963, vive e lavora a Bruxelles. Nel 2005 riceve l’Oscar per la migliore sceneggiatura originale per il film Eternal Sunshine of the Spotless Mind (Se mi lasci ti cancello) di Michel Gondry. Tra le sue personali si ricordano Le versant de l’analyse, Jan Mot, Brussels (2010) Cory Arcangel vs. Pierre Bismuth, Team Gallery, New York (2011). Tra le collettive sono Repetition Island, Centre Georges Pompidou (2010) Une terrible beauté est née, 11° Biennale de Lyon (2011). I suoi lavori sono presenti nelle raccolte dei maggiori musei internazionali, tra i quali il Centre Georges Pompidou e il Palais de Tokyo a Parigi, il New Museum di New York, il Witte de With di Rotterdam.

Sabato 4 marzo
Ore 18.00
#Artoffline di Manuel Correa, 60′
Oggi, l’esperienza dei visitatori in un museo viene sempre più spesso mediata dagli schermi dei devices in nostro possesso. In questo film, Manuel Correa si sofferma su tali comportamenti intervistando numerosi protagonisti, tra i quali i galleristi Andy Sylvester, Mohammad Salemy, gli artisti Jan Wallace, Julieta Aranda, Antonia Hirsch, il critico Clint Burnham e l’antropologo Wade Davis. Ne risulta una riflessione sui modi in cui la tecnologia sta cambiando la modalità di approccio all’arte, e sulla nascita di un nuovo pubblico virtuale collegato al museo solo tramite Internet: la delocalizzazione dell’arte mediante la rete comporta per l’utente il raggiungimento di una sorta di stadio di libertà. Viene tuttavia a mancare il valore dell’esperienza ‘offline’, l’esperienza diretta avvertita con tutto il corpo e svincolata dall’inespressività dello schermo. Se tutto può essere vissuto on-line qual è l’attuale significato del progetto espositivo del museo? Esisterà un nuovo ruolo di gallerie e musei?
Manuel Correa

Manuel Correa è un artista di Medellin, Colombia. È membro fondatore della società di produzione cinematografica Collective art Atelier Bolombolo. #ARTOFFLINE è il suo primo film, le sue opere sono state esposte in molti musei tra cui il Salon Departamental de Artes, Medellin (2010), la Gallery 295, Vancouver (2014) e la Schneiderei Galerie, Vienna (2015). Insieme alla Collective Art Atelier Bombolo realizza nel 2013 Meridiem, Spitshine Flicks e nel 2014 Zero Ave Dir. Benjamin Arce (di entrambi i film scrive la sceneggiatura). Correa è stato anche invitato a partecipare a Super-conversations, componente online del lavoro di e-flux per la 56. Biennale di Venezia (2015). Ha partecipato al Bergen International Film Festival nel 2015 e al Film Festival di Rotterdam nel 2016.

Ore 19.10
Sudan di Luca Trevisani, 15′
Per anni i rinoceronti bianchi sono stati uccisi dai bracconieri per via del loro prezioso corno che si ritiene abbia virtù afrodisiache. Sudan è l’ultimo di questi esemplari e deve il nome al suo luogo di nascita. Per lungo tempo ha vissuto nello Zoo di Dvůr Králové, nella Repubblica Ceca, perdendo a causa del freddo la possibilità di procreare e proseguire la sua specie. Adesso ha 43 anni e vive in una riserva naturale di Nanyuki, in Kenya. Qui, protetto da guardie armate, si muove lento in uno degli orizzonti più vasti al mondo. Trevisani lo filma in piani ravvicinati mettendo in evidenza la sua pelle ruvida quasi un’opera d’arte plastica dall’inconsueto fascino scultoreo. La videocamera dipinge i ritratti sfuocati ed appena accennati dei soldati intenti a sorvegliarne, giorno e notte, i movimenti e incede sul suo corpo, tratteggiando l’immagine di un’opera d’arte morente che sta andando incontro alla sua lenta estinzione.
Luca Trevisani
Luca Trevisani è nato a Verona nel 1979. Vive e lavora tra l’Italia e Berlino. La sua ricerca spazia tra scultura e video e attraversa discipline quali le arti dello spettacolo, la grafica, il design, il cinema di ricerca e l’architettura. Tra le più importanti esposizioni alle quali ha partecipato, si annoverano Manifesta 7 (2008), la Biennale d’Architettura di Venezia (2008-2010), le sue opere sono state inoltre esposte presso il MACRO a Roma (2010), il MART di Rovereto (2011), il Magasin di Grenoble (2011), il Maxxi di Roma (2012), il Museo Marino Marini a Firenze (2014). È stato finalista del Premio Italia Arte Contemporanea del MAXXI (2012) e vincitore di numerosi premi, tra i quali il Premio Fondazione Ettore Fico, Torino (2011), l’ISCP, New York (2010), il NIMK /Montevideo, Amsterdam (2009) e il Premio Furla per l’arte, Venezia (2007).

Ore 19.30
Remainder di Omer Fast, 97′
Remainder, tratto dal romanzo omonimo di Tom McCarthy, è uno psico-thriller. Si tratta del primo lungometraggio di finzione del video artista israeliano Omer Fast. La narrazione ha inizio con un drammatico evento: Tom, il protagonista, interpretato dall’attore inglese Tom Sturridge, viene colpito alla testa da un oggetto non identificato. I postumi del trauma sfregiano non solo il suo corpo ma danneggiano anche il suo stato mentale. Dopo essersi risvegliato dal coma in una realtà diversa di cui non ha memoria, Tom si appiglia a una serie di ricordi oscuri, determinato a ricostruire ogni dettaglio del suo passato. Grazie alla cospicua cifra che gli viene offerta dall’assicurazione a patto di non rivelare mai l’accaduto, la sua affannosa ricerca dei ricordi si trasforma in un’ossessione. Inizia a costruire modelli in cartone di architetture che riaffiorano alla sua memoria passando a meticolose ricostruzioni grandi al vero, abitate da personaggi per interpretare i quali assolda degli attori, rinchiudendosi in un bozzolo di realtà alternativa coscienziosamente fabbricato. Il film si snoda in un loop infinito in cui l’evento centrale della storia si ripete più e più volte. Omer Fast esplora così non solo i temi di realtà e non-realtà, ma dà vita ad una riflessione sulla natura effimera della mente umana. Il ricordo delle origini, il desiderio e il trauma sono elementi che confluiscono gli uni negli altri interrompendo la convenzione narrativa.
Omer Fast
Nato a Gerusalemme nel 1972, è cresciuto tra Israele e New York. Vive e lavora a Berlino. Sue personali si sono tenute, tre le altre, al Dallas Museum of Art e all’Herzliya Museum of Art nel 2012, al Moderna Museet di Stoccolma (2013), allo Stedelijk Museum di Amsterdam (2014) e allo Jeu de Paume di Parigi (2015). Partecipa alla Biennale di Venezia (2011) e a dOCUMENTA (13), Kassel (2012), e tra i riconoscimenti che ha ricevuto vi sono il Premio Bucksbaum per il film The Casting alla Biennale del Whitney Museum nel 2008 e il Premio della National Galerie per la Young Art a Berlino nel 2009, con l’opera Nostalgia. I suoi lavori si trovano in numerose collezioni internazionali, tra cui la Tate Modern di Londra, il Guggenheim Museum di New York, il Los Angeles County Museum of Art, e il Centre Pompidou.

Domenica 5 marzo
Ore 17.00
The Chinese Lives of Uli Sigg di Michael Schindhelm, 93′
Uli Sigg, noto imprenditore d’arte svizzero, ex-ambasciatore in Cina, Mongolia e Corea del Nord è stato un importante influencer della politica economica cinese degli ultimi quarant’anni. Fin dagli anni della sua attività diplomatica comprende la straordinaria novità delle nuove ricerche della generazione degli artisti cinesi degli Novanta. Così, proponendosi come mediatore per figure quali Ai Weiwei, Zeng Fanzhi e Cao Fei, ne diventerà tra i primi e più influenti collezionisti occidentali convinto che “la creatività sia l’unica risorsa inesauribile di un paese”. Il film di Michael Schindhelm, di cui Lo schermo dell’arte ha presentato nel 2008 il documentario Bird’s Nest sullo stadio olimpico di Pechino di Herzog & de Meuron, fornisce un interessante spaccato della Cina contemporanea. La cinepresa ci accompagna nella visita agli atelier di artisti (tra gli altri Ai Weiwei, Wang Guangyi, Fang Lijun), riprende la vivacità dei bar-karaoke, fino a raggiungere il cantiere del nuovo progetto per M +, museo progettato da Herzog & de Meuron che aprirà nel 2019 a Honk Kong, al quale Sigg ha ceduto la maggior parte delle opere di arte cinese contemporanea della sua raccolta.
Michael Schindhelm
Nato nel 1960, vive tra il Ticino e Londra. Nel 1979 ha studiato presso l’Università Internazionale di Voronezh (URSS) e si è laureato nel 1984 in Chimica Quantistica. Lavora come scrittore, autore di libretti d’opera, documentarista. Ha lavorato come presentatore televisivo (Der Salon, TV svizzera) e ha tradotto in tedesco le opere di Gogol, Cechov e Mandel’stam; dal 2000 ha pubblicato sette libri. Nel 2003 ha girato il documentario Lied von der Steppe nel deserto del Gobi, in collaborazione con Jörg Jeshel. Dal 2003 al 2008 ha lavorato alla realizzazione del film Bird’s Nest sulla realizzazione dello Stadio Olimpico di Pechino, in collaborazione con Christoph Schaub.

Ore 18.45
Don’t Blink Robert Frank di Laura Israel, 82’
Robert Frank, che oggi ha 91 anni, è stato capace di rivoluzionare i caratteri convenzionali della fotografia e del cinema indipendente. Nel 1955 è il primo fotografo europeo a vincere la borsa di studio della Fondazione Guggenheim e con i soldi ricevuti viaggia negli Stati Uniti dal 1955 al 1956, attraversando 48 stati e scattando oltre 24.000 fotografie. Da questa esperienza nasce il capolavoro Les Américains, pubblicato in Francia nel 1958, un libro sulla società americana del dopoguerra che avrebbe influenzato profondamente la produzione fotografica della generazione successiva. Nel film Frank, che si è raramente concesso ad interviste, accetta di essere ripreso dalla telecamera di Laura Israel, sua fidata collaboratrice e montatrice dei suoi film, presentandosi con onestà e scendendo nelle profondità del suo io più solitario e nascosto. Il film narra della sua vita come artista e, soprattutto, come uomo: le sperimentazioni cinematografiche oltre il documentario, i progetti fotografici, la vita privata, le amicizie e la drammatica perdita della figlia. Ne scaturisce uno straordinario ritratto, poetico e ruvido insieme, assimilabile ai lavori stessi di uno dei più celebri fotografi del nostro tempo.
Laura Israel
Ha lavorato come redattore di video musicali e spot pubblicitari per più di 25 anni. Dopo aver terminato gli studi di cinema presso la New York University crea una propria società di produzione, Assemblage. La sua lista di clienti include: John Lurie, Lou Reed, Patti Smith, Keith Richards, Sonic Youth, New Order, Ziggy Marley, David Byrne e artisti Laurie Simmons e Robert Frank. Con Frank ha inoltre collaborato su più pellicole come redattore-regista. Il suo primo lungometraggio, Windfall (2010) è stato trasmesso in anteprima nel 2010 al Toronto International Film Festival ed è stato premiato al Doc New York (2010), ragione per cui nel 2011 Israel si è aggiudicata uno spazio tra le “25 New Faces of Independent Film feature”, sulla rivista Filmmaker Magazine.

Ingresso libero fino a esaurimento posti

Lo schermo dell’arte Film Festival è un progetto nato a Firenze nel 2008 dedicato a esplorare e promuovere le relazioni tra arte contemporanea e cinema attraverso la presentazione di film e installazioni, la distribuzione di cinema d’artista, workshop, progetti di formazione e residenze per artisti. Collabora con istituzioni, centri d’arte, accademie e università italiane e straniere.
È sostenuto dalla Regione Toscana, dal Comune di Firenze e dall’Ente Cassa di Risparmio di Firenze e si svolge ogni anno nell’ambito della rassegna “50 giorni di cinema internazionale a Firenze” organizzata dalla Fondazione Sistema Toscana.