Mar. Lug 16th, 2024
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S’intitola “Mario Bellini. Italian Beauty” la mostra che la Triennale di Milano dedica all’intera opera dell’architetto milanese, noto in tutto il mondo, dal 19 gennaio al 19 marzo 2017. Un viaggio trasversale lungo quasi 60 anni tra design, architettura, exhibition design e molto altro.

La Triennale di Milano, Ufficio Comunicazione e Relazioni Media

2012_ Department of Islamic Arts of Louvre (1Ž2 Philippe Ruault)

La retrospettiva si inaugura esattamente a trent’anni di distanza da quella a lui dedicata dal MoMA di New York nel 1987 che dava conto della sua attività di designer, già allora presente con 25 opere nella collezione permanente del museo americano. Proprio il 1987 è stato l’anno della svolta di Bellini che da allora si dedica prevalentemente all’architettura di grande scala e al disegno urbano.

Un omaggio, dunque, all’opera poliedrica e singolare di un progettista italiano che ha ottenuto ogni successo sia nella piccola scala (otto compassi d’oro, arredi e oggetti diventati icone che sono entrati nelle case e negli uffici di tutto il mondo, spesso anticipando o rivoluzionando gusto e stile); sia nella grande scala (Centri Congressi, Fiere, Musei progettati dal Giappone agli Usa, dalla Germania all’Australia e, nel 2012 il Dipartimento delle arti islamiche, un’onda dorata per il museo più prestigioso del mondo, il Louvre di Parigi).

La mostra occupa oltre mille metri quadrati del Palazzo dell’Arte, è articolata in Portale, Galleria, Piazza e quattro Stanze (organizzate secondo un tema guida), e vuole porre attenzione sulla necessità e sul ruolo eversivo e salvifico della bellezza. Da qui il sottotitolo “Italian Beauty”.

Curatore della mostra è Deyan Sudjic, direttore del Design Museum di Londra. Con Ermanno Ranzani (architettura) e Marco Sammicheli (design). Le installazioni video sono a cura di 3D Produzioni con la regia di Giovanni Piscaglia.

Il progetto di allestimento è dello stesso Mario Bellini che dal 1962 a oggi si è sempre appassionato anche a “mettere in scena” esposizioni, prevalentemente d’arte e di architettura.

Il catalogo di Silvana Editoriale è una pubblicazione critica più che un catalogo della mostra a cura e con una introduzione di Francesco Moschini, con una prefazione di Germano Celant, e saggi, tra gli altri, di Deyan Sudjic, Ermanno Ranzani, Marco Sammicheli, Enrico Morteo, Italo Lupi, Franco Purini, Marco Romano, Carlo Arturo Quintavalle, Francesco Binfarè, Vittorio Sgarbi.
IL PROGETTO DELLA MOSTRA

La mostra si snoda lungo un percorso che inizia da un Portale/Biblioteca, e prosegue lungo una Galleria, una Piazza e quattro Stanze.

All’ingresso un grande “Portale/Biblioteca” (lungo più di 25 metri ed alto 6) accoglie il visitatore ed espone modelli di architettura, immagini, arredi, oggetti: una “macchina” scenica che si pone come una summa e un incipit dell’intera retrospettiva.

Quattro grandi Stanze laterali più una Piazza centrale – connesse da una magica Galleria di specchi, una sorta di caleidoscopio di visioni ed emozioni, che si snoda a ferro di cavallo in andata e ritorno per più di 100 metri – illustrano le molte tematiche del lavoro di Bellini.

In particolare, nelle Stanze l’architettura è riprodotta con filmati ed immagini “immersive” – dagli Stati Uniti alla Francia, dall’Australia alla Germania – e proiettati a tutta altezza sulle pareti/schermo delle sale (larghe più di 12 metri). Tra questi uno dei più spettacolari rivela con riprese dall’alto il “Dipartimento delle Arti Islamiche” del Louvre di Parigi- inaugurato nel 2012- mostrando dettagli nascosti della Court Visconti.

Nella Piazza il tema guida è il “mostrare”, in molte delle sue declinazioni, da come mostrare un quadro al mostrare il “mondo” di Bellini, con alcuni dei suoi riferimenti d’elezione, racchiuso in una sorta di “wunderkammer” (dall’”Architetto” di Mario Sironi a una giacca di Issey Miyake, da opere di Ettore Sottsass alla raccolta completa di lettere di Wolfgang Amadeus Mozart, dai piatti di Lucio Fontana al portaghiaccio di Gio Ponti a una matita e un foglio di carta bianca).

Nella Galleria sono presenti arredi, oggetti, macchine, progetti e concetti, raccontati sul pavimento e alle pareti. Tra le varie icone sono esposte la P101, primo personal computer al mondo realizzato per Olivetti nel 1965 e in mostra ancora funzionante, e “Quaderno”, progenitore dei laptop e ultimo progetto di Bellini per Olivetti, datato 1992. La “Divisumma 18 in morbida gomma gialla (l’antesignano del touch screen?) e poi il “Pop”, mangiadischi portatile, antesignano dell’iPod. Lo straordinario reportage fotografico di Kar-a-sutra, concept car progettato su invito del MoMA nel 1972 (in occasione della mostra “Italy: The New Domestic Landscape”), “madre” di tuttele auto monovolume o M.P.V. E poi le fotografie scattate da Bellini “reporter” negli Usa e in Giappone in lunghi viaggi di esplorazione culturale compiuti nel 1972 e nel 1973.

Appese al soffitto della Galleria una sequenza di più di 100 immagini compongono un percorso senza parole che riassume il pensiero di Bellini. Vi si trovano opere d’arte e architetture, riferimenti al mondo animale e vegetale, elementi di antropologia culturale, fotografie d’epoca, forme, ispirazioni e volti (come quello di Steve Jobs che negli anni Ottanta a lungo corteggiò Bellini per portarlo all’Apple mentre era consulente di Olivetti).

Nell’ultimo settore della Galleria, infine, una sezione intitolata NEXT illustra in anteprima i principali progetti in corso. Dall’Antiquarium forense accanto al Colosseo di Roma, museo che racconterà le origini di Roma antica, a una futuristica sedia in plastica ora in fase di messa a punto.

Un capovolgimento improvviso della Retrospettiva in Prospettiva. Ancora una volta passando dalla grande alla piccola scala con agilità acrobatica. E nel segno dell’Italian Beauty.
MARIO BELLINI. Italian Beauty

A cura di Deyan Sudjic

Con Ermanno Ranzani (architettura) e Marco Sammicheli (design)

19 gennaio – 19 marzo 2017

 

La Triennale di Milano

Viale Alemagna 6 – 20121 Milano

www.triennale.org