Fabrizio Bergamo torna a Milano, dopo tre anni dalla sua personale Volti, all’Antico Oratorio della Passione di S. Ambrogio. Sarà alla Galleria Mario Giusti HQ-HEADQUARTER in via Cesare Correnti 14, con la sua nuova mostra, PERTURBANTI.
Ufficio Stampa, Anna Alemani
Noto per l’esclusivo trattamento applicato alla nascita delle sue opere, la pinhole digital art accompagnata da originali metodologie di stampa capaci di conferire all’opera profondità e spessore, l’artista e fotografo milanese allestisce una mostra ricca di suggestioni.
Bambole e fiori si aggiungono alla famosa galleria dei volti della precedente personale, di cui rivedremo alcune opere. I nuovi lavori illustrano un percorso di intreccio tra animato e inanimato. Immaginazione contemporanea, osservazione attenta e narrazione del quotidiano realizzata con la povertà di un’arte che ha già dell’antico, questi sono gli ingredienti per darci davvero uno sguardo inusuale. Profonda, è la visione realizzativa degli scatti, un impatto rinascimentale. Così come la luce che pervade ogni opera, accompagnandoci in una dimensione dove l’oscurità è illuminata.
PERTURBANTI è una mostra unica, perché porta alla luce le inquietudini che albergano in ciascuno di noi. Quel dubbio, come spiegava Freud, “che un essere apparentemente animato sia vivo davvero e, viceversa, il dubbio che un oggetto privo di vita non sia per caso animato”.
Non è un caso, allora, la scelta del soggetto Bambole, che qui vediamo declinato e interpretato in tutta la sua inquietante ambiguità. Oggetti giocosi o specchio dei nostri demoni?
Le Bambole di Bergamo ci e si guardano con lo sguardo rivolto sull’abisso che ci portiamo dentro. E si inscrivono in una tradizione artistica che parte da lontano e che annovera, tra gli artisti che hanno prediletto il soggetto, nomi quali Hans Bellmer, Oskar Kokoschka, Man Ray, Paula Riego, Patric Old. Fino alle visioni di Tim Burton.
E poi ci sono i Fiori. Still life, nell’originale senso del termine. Ancora vivi o quasi morti? La potenza del soffio vitale residuo che la natura regala a tutti i suoi esseri viene colta da Bergamo con la tecnica collaudata del fotografo che da anni si occupa di oggetti, ma con l’intuizione felice dell’artista della luce, di caravaggesca memoria.
Accanto alle nuove opere, la mostra ripropone poi alcuni lavori del passato.
Rivedremo i ritratti dei pittori Tom Porta e Alessandro Spadari, il musicista Eugenio Finardi, in un combinato fisico ed emotivo che, grazie anche all’originale procedimento di creazione e trasformazione delle foto, conferisce loro una vera unicità.
Come detto all’inizio Bergamo lavora con un procedimento che, partendo dalla pinhole digital art, ne dilata le potenzialità fino ai suoi estremi confini.
L’opera prende vita attraverso un lento processo di nascita, quasi un incedere alchemico, che inizia con la ripresa del soggetto con la tecnica stenopeica, a coglierne la verità e l’essenza ultima, e prosegue con la stampa in digigraphie.
La povertà artigianale della tecnica stenopeica, che ci riporta alle origini dell’arte fotografica e l’estrema modernità dell’apporto digitale in fase di stampa, creano un’opera pronta a passare attraverso l’esclusivo trattamento, grazie ad alcuni materiali unici, che costituisce la parte finale della creazione.
Ed ecco la fotografia trasformata in dipinto, conferendogli profondità e spessore.
Galleria Mario Giusti HQ-HEADQUARTER
Via Cesare Correnti 14 Milano
10 marzo /2 aprile 2016 – lu/ve 10.30-19 (orari differenti e weekend su appuntamento)
www.mariogiustihq.com