Gio. Nov 21st, 2024
Menin, Mantova dal pontile
Menin, Mantova dal pontile
Sicchiero, Mantova dal pontile

Sabato 9 Gennaio alle ore 17,00 alla Galleria d’Arte Arianna Sartori a Mantova in Via Ippolito Nievo 10, si inaugura la mostra dell’incisore Maurizio Sicchiero “Dal Polesine al Piemonte”. L’artista ritorna ad esporre in terra mantovana dove nel 1994 gli è stato assegnato al Premio Suzzara il “Premio speciale per la grafica”.

Una chiacchierata sul mio percorso artistico.
Mi chiamo Maurizio Sicchiero, sono nato a Rovigo il 3 gennaio nell’anno del Signore 1949.
Nella campagna, gelida d’inverno e molto calda d’estate, in una casa senza particolari esigenze architettoniche, tipica del basso Polesine: casa ad un piano con grande cucina al piano terra e alcune camere al primo piano con soffitto di assali che spesso ci offriva spettacoli stellari, il camino sporgente verso l’esterno e il pozzo nel cortile, con il fedele Pippi (il nostro cane) che rincorreva le anatre che sguazzavano nel corso d’acqua che scorreva a pochi metri dalla casa stessa e con l’asinello Domitillo che ragliava nella stalla, ho vissuto i miei primi anni di vita.
A cinque anni, con la famiglia, ho percorso a ritroso le sponde del Po per raggiungere il Piemonte.
Dopo un breve soggiorno di due anni a San Felice (Pino Torinese) ci siamo stabiliti a Chieri nel 1957. Ora vivo e lavoro in questa bellissima città che mi ha ospitato.
Ormai mi sento chierese e integrato a tutti gli effetti senza dimenticare, ovviamente, le mie origini che, comunque, non posso dimenticare anche perché le due Terre sono legate dal 45° parallelo, dal percorso del Po e offrono un esempio di panorama variegato tipico del territorio italiano: là dove sono immense e piatte pianure, qua sono ondulate colline e corone di monti. (Citazione da una mia poesia scritta nel 1989)

La riscoperta del mio Polesine.
Siamo alla metà degli anni ’80. Dopo la morte dei miei genitori ho sentito il bisogno di rivedere il mio paese natio: dal ’54 non ero più tornato in Polesine, cioè dall’anno della nostra venuto in Piemonte.
Ho voluto rivedere la mia casa dove ho trascorso la mia primissima infanzia, dove abbiamo vissuto la triste avventura dell’alluvione (la grande alluvione del ’51).
Ho girato in lungo e in largo le piatte campagne attorno a Rovigo, ma soprattutto ho voluto entrare negli enormi ed estesi rami del Delta.
Forse per ridimensionare un’atavica paura, ho voluto penetrare in quello che un tempo per me è stato un mostro. E questo è stato un bene!
Ho potuto scoprire angoli interessanti, scorci fantastici, pontili, porticcioli, attrezzi con ancora la testimonianza della manualità di abili contadini ed esperti pescatori.
Ho scoperto un mondo che mi apparteneva ma che non conoscevo, ho documentato tutto con materiale fotografico, con schizzi, ho preso appunti, creandomi un ricco archivio che mi sarebbe servito in seguito per elaborare molte delle mie incisioni. Era il 1986.
In quel periodo ero già completamente integrato a Chieri, nella città che mi ha ospitato. Avevo già la mia famiglia, due figli, la professione, mi ero già diplomato al Liceo Artistico di Torino, facevo già Arte, e non frequentavo ancora il Laboratorio di Demo: ho iniziato l’anno successivo.

Sicchiero, Terrazza su Chieri, 1993, acquaforte, mm 325x194
Sicchiero, Terrazza su Chieri, 1993, acquaforte, mm 325×194

La conferma della vocazione artistica con la scoperta dell’Acquaforte.
Da Demo ho imparato ad incidere.
Ho iniziato a frequentare il Laboratorio alla fine del 1987 (forse inizi ’88) e per alcuni anni, assieme ad altri allievi, ho fatto esperienza di incisione, approfondendo soprattutto la tecnica dell’acquaforte a cui mi sono legato particolarmente, considerandola più confacente alle mie esigenze artistiche.
Devo dire però, che la mia vocazione artistica parte da molto più lontano!
Fin da bambino il mio interesse verso le discipline pittoriche e grafiche è sempre stato alto.
Probabilmente è stato quel disegno, eseguito in seconda elementare che ha ricevuto i complimenti della maestra e di tutta la classe, a farmi capire che avrei potuto in futuro seguire questa via.
Ma il vero input me l’ha dato il caro amico Antonio Gambara (conosciuto a Chieri quando avevo circa 12 o 13 anni) il giorno che, entrando in bottega da papà, mi chiese cosa avrei voluto fare da grande.
Alla mia netta e decisa risposta “vorrei fare il pittore”, forse commosso o più facilmente stimolato da tanta convinzione, si offrì di dedicarmi parte del suo tempo prezioso.
In un grande salone di un antico e prestigioso palazzo nel centro di Chieri, dove oggi c’è lo studio di un noto notaio, Antonio mi ha insegnato le prime fondamentali regole del disegno, mettendomi in mano gli strumenti per affrontare il difficile cammino dell’arte. Questa è stata la prima vera tappa!
In seguito mi sono diplomato al Liceo Artistico di Torino, ho frequentato corsi, ho sperimentato diverse tecniche, perlopiù da autodidatta, ed infine il Laboratorio di Demo,…. insomma ho dedicato molto del mio tempo per costruirmi un bagaglio di esperienze tale che mi permettesse di conquistare un piccolo spazio nella sfera degli artisti contemporanei.
Oggi, questo piccolo spazio (senza peccare di presunzione) credo di occuparlo, anche se la professione artistica non è mai stata per me la professione principale, se per professione principale si intende “mantenersi economicamente” (si sa, l’arte difficilmente, se non in rari casi, dà da vivere ) ma se intendiamo l’Arte come espressione poetica dell’anima, come mezzo per interpretare e descrivere le bellezze che ci circondano, se Arte è sfruttare la maggior sensibilità che è intrinseca in ogni artista, se Arte è soffrire quando crei per il dispendio di energia che “comporta inventare un’opera” se fare Arte, insomma, è una vocazione, uno stile di vita, allora credo di meritarmi l’appellativo di artista e poi……che importa se per vivere svolgi un’altra attività, che importa se non piazzi il pezzo, che importa se quel tal critico non ti ha notato o ancor peggio, non ti ha capito, che importa se non sai venderti, se non sei uomo di vizio per apparire, se non sei un personaggio, …l’importante è lasciar parlare le tue opere.

Un premio importante.
Nella mia carriera artistica ho avuto parecchie soddisfazioni morali, diversi riconoscimenti, ho vinto molti premi, ma uno in particolare cito spesso e volentieri.
Siamo nel 1994 ad agosto, ricevo una telefonata dal presidente di un concorso a cui avevo partecipato con l’incisione “Il panno bianco”, il foglio l’avevo spedito due mesi prima, quasi non ricordavo più. Ebbene, al telefono il presidente del Premio mi chiese se intendevo essere presente il giorno della premiazione perché la mia opera, disse, era stata segnalata, non aggiunse altro.
Andai il 18 settembre 1994 a Suzzara.
Stiamo parlando del “Premio Suzzara” ideato nel ’48 da Dino Villani e Cesare Zavattini; lo scopo del “Premio” era ambizioso: si voleva portare l’Arte, che fino allora era alla portata di pochi (facoltosi e intellettuali), ad un pubblico più esteso e per coinvolgere “la gente comune” si pensò di attribuire premi in natura messi a disposizione dagli abitanti del posto: un vitello, un puledro, un maialino, una forma di formaggio, del vino, ecc. che per quei tempi (era finita da poco la guerra) non era poca cosa. Si è verificato, quindi, quell’interessante fenomeno di sensibilizzazione al gusto artistico grazie al quale si poteva trovare un’opera significativa appesa alle pareti di quasi tutti gli abitanti di Suzzara: dal contadino all’operaio, dall’artigiano all’industriale, dall’impiegato, al professionista, all’intellettuale.
Al Premio, nell’arco degli anni, hanno partecipato artisti che sarebbero diventati in seguito famosi, quali: Guttuso, Sassu, Sughi, Attardi, Zigaina, Ligabue ecc. (grazie alla loro partecipazione il Comune ha potuto dare inizio all’acquisizione di Opere per il Museo di Arte Contemporanea di Suzzara).
Torniamo al 18 settembre: mi presentai alla cerimonia di premiazione.
Confesso che allora ignoravo l’importanza del “Premio” per cui, quando mi resi conto di quanto mi stesse succedendo ero già nel mezzo del mio momento di gloria: mi era stato assegnato il “Premio speciale per la grafica”, il mio nome era già pubblicato sui giornali, ero già stato intervistato dalle TV, compresa la Rai regionale, ricevuto complimenti, insomma, una indimenticabile esperienza!
Ora la mia opera è un pezzo permanente al Museo di Arte Contemporanea di Suzzara in mezzo, lasciatemelo dire, a nomi di levatura internazionale.