Ven. Nov 22nd, 2024
FOTO n. 1 L'abito di corte è appartenuto a Maria Giuseppina Gaetani dell'Aquila d'Aragona, nobildonna napoletana che sposò Ferdinando Nunziante la cui famiglia aveva ottenuto il marchesato per meriti militari. L'abito fu appositamente confezionato, insieme ad altri otto finora reperiti in ambito privato e museale, per gli eventi ufficiali della corte borbonica. La confezione sartoriale e l'impianto della ricca decorazione eseguita a ricamo con filati metallici, permettono di datare l'abito alla metà del secolo XIX in pieno periodo romantico, tra il regno di Ferdinando II e quello del figlio Francesco II. La foggia disegna con evidenza il punto vita grazie a un bustino steccato che scende a punta verso la gonna a campana. I colori rosso e blu del tessuto di seta si giustificano con l'araldica della corte Borbonica e dichiarano l'ufficialità della funzione esaltata dal lungo e ampio strascico ancorato al punto vita sul dietro. Il ricamo in oro presenta motivi decorativi che si legano alla corte: rami d'olivo, di quercia e gigli dei Borbone d'Angiò. Dono Comune di Prato e Cariprato, inv. n. 83.02.01 a, b
FOTO n. 1 L'abito di corte è appartenuto a Maria Giuseppina Gaetani dell'Aquila d'Aragona, nobildonna napoletana che sposò Ferdinando Nunziante la cui famiglia aveva ottenuto il marchesato per meriti militari. L'abito fu appositamente confezionato, insieme ad altri otto finora reperiti in ambito privato e museale, per gli eventi ufficiali della corte borbonica. La confezione sartoriale e l'impianto della ricca decorazione eseguita a ricamo con filati metallici, permettono di datare l'abito alla metà del secolo XIX in pieno periodo romantico, tra il regno di Ferdinando II e quello del figlio Francesco II. La foggia disegna con evidenza il punto vita grazie a un bustino steccato che scende a punta verso la gonna a campana. I colori rosso e blu del tessuto di seta si giustificano con l'araldica della corte Borbonica e dichiarano l'ufficialità della funzione esaltata dal lungo e ampio strascico ancorato al punto vita sul dietro. Il ricamo in oro presenta motivi decorativi che si legano alla corte: rami d'olivo, di quercia e gigli dei Borbone d'Angiò. Dono Comune di Prato e Cariprato, inv. n.  83.02.01 a, b
FOTO n. 1
L’abito di corte è appartenuto a Maria Giuseppina Gaetani dell’Aquila d’Aragona, nobildonna napoletana che sposò Ferdinando Nunziante la cui famiglia aveva ottenuto il marchesato per meriti militari. L’abito fu appositamente confezionato, insieme ad altri otto finora reperiti in ambito privato e museale, per gli eventi ufficiali della corte borbonica. La confezione sartoriale e l’impianto della ricca decorazione eseguita a ricamo con filati metallici, permettono di datare l’abito alla metà del secolo XIX in pieno periodo romantico, tra il regno di Ferdinando II e quello del figlio Francesco II. La foggia disegna con evidenza il punto vita grazie a un bustino steccato che scende a punta verso la gonna a campana. I colori rosso e blu del tessuto di seta si giustificano con l’araldica della corte Borbonica e dichiarano l’ufficialità della funzione esaltata dal lungo e ampio strascico ancorato al punto vita sul dietro. Il ricamo in oro presenta motivi decorativi che si legano alla corte: rami d’olivo, di quercia e gigli dei Borbone d’Angiò.
Dono Comune di Prato e Cariprato, inv. n. 83.02.01 a, b

Nel dicembre 2015 il Museo del Tessuto di Prato compie quarant’anni. Per celebrare questa importante ricorrenza, la Fondazione Museo del Tessuto punta sul proprio patrimonio, ormai noto e apprezzato a livello internazionale, frutto di centinaia di atti donativi piccoli e grandi, che danno la misura di quanto questa istituzione si sia radicata nella comunità locale e in quella ben più ampia dei cultori del tessuto e della moda.

STUDIO MADDALENA TORRICELLI

La mostra temporanea  aprirà al pubblico il 22 novembre e sarà ospitata nella Sala dei tessuti antichi, la Schatzkammer (camera del tesoro) del Museo, 400 metri quadri interamente riallestiti per l’occasione.

L’iniziativa inaugura la programmazione culturale del quarto mandato amministrativo della Fondazione (2015-2018) istituita  nel 2003 da Comune, Provincia, Camera di Commercio e Unione Industriale, che il Sindaco Matteo Biffoni ha recentemente affidato a Francesco Marini, giovane imprenditore tessile  Presidente dei Giovani Industriali della città.
“Sono orgoglioso di dare il mio contributo alla gestione di un museo così importante e rappresentativo per la nostra città e per il nostro distretto” – commenta Marini – “e sono convinto questa struttura svolga un ruolo fondamentale  nel far conoscere e promuovere la cultura produttiva che Prato, la Toscana e l’Italia esprimono  in tutta  la filiera della moda di qualità”.

La mostra HERITAGE è un viaggio tra le collezioni del Museo, che apre i suoi depositi per parlare di tessuti e di moda attraverso una selezione di opere di grande interesse e valore recentemente acquisite, restaurate oppure poco al grande pubblico.  Una variegatissima antologia di tessili, abiti e accessori, libri campionario, figurini e giornali antichi di moda, bozzetti originali per abiti e rare edizioni di libri tessuti, che dal Cinquecento giungono fino agli anni Sessanta del Novecento.

Attenzione agli oggetti, dunque, ma anche alle storie incredibili che spesso portano con sé: vicende di persone, collezioni, tecniche,  manifatture materiali e sostanze coloranti, stili e motivi decorativi, che il Museo racconterà sia in allestimento che attraverso un calendario di attività incentrate proprio sullo story telling, il racconto delle storie legate alle opere, e più in generale alla moda.

La ricorrenza sarà inoltre un’occasione del Museo per ripensare alla sua funzione: nato come collezione di supporto alla formazione specialistica  del settore tessile, la struttura museale ha negli ultimi quindici anni di attività ampliato notevolmente il suo pubblico, aprendo le collezioni alla fruizione più ampia del pubblico generico, delle scuole dell’obbligo, dei bambini, delle famiglie, degli adulti, del pubblico con bisogni speciali.

Parallelamente, sul fronte dei contenuti, si è passati da un approccio superspecialistico sul tessuto ad una piena apertura ai temi della moda contemporanea, testimoniato dai molti abiti ed accessori entrati in collezione e dalle grandi mostre sul fenomeno del Vintage (2013) e sulla Camicia Bianca di Gianfranco Ferré (2014) che dopo la sede pratese ha trovato ospitalità presso  Palazzo Reale di Milano (2015).

Museo del Tessuto di Prato Via Puccetti, 3 59100 Prato

Dal 22 novembre 2015 – 30 aprile  2016

Orari di apertura: ma-gio 10-15; ven sab 10-19; dom 15-19

Biglietto intero: Euro 6; Ridotto Euro 4

www.museodeltessuto.it

DIDASCALIE FOTO

FOTO n. 2
William Morris è considerato il principale esponente delle Arts and Crafts (movimento artistico costituitosi dopo l’Esposizione Universale di Londra del 1851) e padre dell’industrial design. La sua visione sociale del lavoro corrisponde ad un modello artigianale evoluto che permette di arrivare ad una progettualità in cui la riproducibilità delle opere è frutto di processi che coniugano competenza manuale, tecnica e stile. La sua prima impresa è la la Morris Marshhall & Faulkner in Red Lion Square (1861), studio che divide con E. Burne Jones, della quale prende il controllo nel 1875 con il nome di Morris & Co.. Nel 1881 trasferisce il laboratorio tessile in un ex convento – Merton Abbey – dove inizia la produzione a stampa con blocchi di legno e con tinture naturali. Uno dei suoi primi articoli tessili di successo è Strawberry thief, registrato presso l’Ufficio Brevetti ed eseguito con la tecnica in cui il rosso e il giallo (reseda) sono aggiunti al fondo blu e bianco. Questo tessuto di cotone, con struttura a tela, è stato progettato per l’arredo d’interni (tendaggi e drappeggi per pareti o rivestimenti di mobili).
Dono Amici del Museo del Tessuto, inv. n. 15.02.01

FOTO n. 3
Silver Studio è stato il primo modello aziendale dedicato alla progettazione e alla produzione industriale di “interior design” (dal 1880 al 1963). La progettazione, frutto di collaborazioni con autorevoli designer quali John Illingworth Kay, Harry Napper e Archibald Knox (si conoscono i nomi dei disegnatori fino al 1890), si estende dal tessuto alle tappezzerie e carte da parati, dai tappeti ai lavori in metallo, dalla grafica per libri alle carte da visita fino alle illustrazioni ad uso commerciale. L’impianto compositivo e il disegno di questo tessuto risentono del Japanisme, fenomeno di stile che interessa il Silver Studio dal 1885 grazie alla collaborazione con Alexander Rottman, importatore di stampe, disegni e katagami dal Giappone. Il tessuto è un cotone stampato il cui disegno (1896) fu messo in produzione da Stead McAlpin nel 1897, azienda che produceva tessuti stampati di alta qualità per rivenditori del calibro di Liberty. Il disegno, molto vicino allo stile di Harry Napper, presenta una sviluppo assiale caratterizzato da un fascio centrale di peonie dallo stelo sinuoso e caratterizzato da gamme cromatiche tenui sul fondo rosa salmone.
Dono Amici del Museo del Tessuto, inv. n. 15.02.02

FOTO n. 4
Ernest Henry Michahelles, in arte Thayaht, è l’autore di una serie di bozzetti di moda frutto della collaborazione con uno dei più prestigiosi atelier parigini degli anni Venti, quello di Madeleine Vionnet. Approdato a Parigi 1919 inizia la sua attività come grafico della maison creandone il logo e avviando una proficua collaborazione che si protrae per un quinquennio. Nel 1920 presenta sul quotidiano “La Nazione” il capo per il quale è maggiormente conosciuto “la tuta” per poi proseguire con Vionnet nel suo percorso creativo concentrato sulla moda. Thayaht trova nella maison parigina il luogo ideale per declinare i suoi progetti che si estendono a tutti gli ambiti del design. Durante il quinquennio presso l’atelier di Vionnet crea modelli unici che connotano in modo inconfondibile lo stile della couturier. Pubblicati su “La Gazette du Bon Ton” i bozzetti di Thayaht rappresentano una sintesi unica delle molteplici influenze culturali che confluiscono nella capitale francese negli anni Venti: dalle evocazioni esotiche dei balletti russi al cubismo e alle rivisitazioni dello stile classico, componenti proprie del cosiddetto  “Stile 1925” o Déco.