A Cosenza, nel Centro Vertigo Arte, inaugurazione della mostra di Omar Panosetti, Diego Perrotta, Ernesto Pesce, Jorge Pietra.
Inaugurazione: Sabato 3 ottobre 2015 – ore 18.30 Centro Internazionale d’Arte Vertigoarte, Via Rivocati 63, Cosenza.
A cura di Ghislain Mayaud e in collaborazione con Giorgia Romano, direttore della galleria Not’art di Siracusa.
Dal popolarissimo Diego Armando Maradona, El Pide de Oro (il ragazzo d’Oro) a Jorge Mario Bergoglio, oggi Papa Francesco o il mitico Ernesto Guevara de la Serna, l’Argentina, figlia del Nuovo Mondo, sbarca a pieno titolo nel vecchio continente. Dopo il felino surrealismo di Leonor Fini e gli affreschi di Delesio Antonio Berni o i dipinti di Benito Quinquela Martin, Ernesto Pesce, Jorge Pietra, Omar Panosetti e Diego Perrotta dirottano e scuotono le invisibili forme delle perpetue oscillazioni dell’universo.
Sull’alto di una sopravissuta collina, piegato dall’oscuro peso dei venti, il lavoro di Panosetti incenerisce l’architettura moderna. Le finestre non respirano più, la morte consuma il resto. Sopra l’agitato mare, da un’apertura laterale, un breve urlo bianco fugge ogni possibile destino. Il piccolo solitario soffio abbraccia lentamente il movimento del mare. Da una scrittura musicale imposta come labirinto spinato perso nel paesaggio, un nero portone dell’esistenza offre l’ultima complessa uscita dell’inchiostro sulla carta. Il bosco carbonizzato dal fumo di una sigaretta tenta invano di nascondere il colore giallo della nicotina distesa sul pavimento. Il dramma dell’esistenza disegnato da Pietra, consacra il martirio senza croce delle grandi solitudini. L’autolesionismo taglia piedi e speranze. Picassiane sagome semi-astratte investono violentemente un basamento scultorio spingendo il segno pittorico in zone figurative care a Wifredo Lam. Sopra il piedistallo, una camicia di forza asciuga il grigio cemento intorno alla disperazione frantumata il viso colore cielo. Dei e riti crudeli affiggono le superfici proposte da Perrotta. Il calore passionale dell’America latina inonda irruenti vulcani pronti a vomitare sguardi stupiti e occhi bruciati su mutilati paesaggi meccanici. Il sacrificio umano è di norma. Nella pittura antropologica, si lessa e si tortura a piacere per sventare agghiaccianti destini. Serpenti o lunghe lingue fuggiti da bocce medievali testimoniano la presenza di diavoli. Il canto della morte piove senza sforzo sui poveri posseduti. Tutto è lì! Tutto si consuma nell’intimo dolore intorno ai terrificanti fracassi della terra ferita. Svelate le radici dell’erotismo vellutato, dalla Grecia alle stampe giapponesi o ancora del Liberty europeo, il bianco nero di Pesce canta l’erezione al riposo. L’armonia dialogante dei corpi maschili e femminili disegna e spolvera la dimenticata bellezza classica. Si dondola oltre la sorte dove il silenzio apre le porte. Libera nella luce, sotto raggi sinuosi come serpenti, la verità delle passioni, cuori in mano, accarezza la riva della terra ferma. I nidi dell’amore sono accolti come scintillanti costellazioni nei cieli notturni in mezzo alle calde notti estive. L’ebbrezza figurativa, l’ansia della morte e dell’amore assoluto condensa ogni forma di apprensione oltre oceano. L’Argentina, con l’iniziativa di José d’Arico, non è più così lontana. Quelle grandi navi zuppe di passeggeri non attraversano più per intere settimane i mari in tempesta. La creatività forgia finalmente i suoi racconti immersi nel linguaggio mondiale del contemporaneo. Ghislain Mayaud, 2015