Il progetto espositivo si snoda intorno a quattro nuclei di opere che entrano in risonanza tra loro pur mantenendo una piena autonomia formale e concettuale. Come spesso accade nel lavoro dell’artista, a essere chiamati in causa sono i concetti di tempo, traccia e memoria, messi in discussione attraverso un procedimento di rinegoziazione semantica che ne mette in luce i caratteri di ambiguità e instabilità.
Comunicato a cura dell’Ufficio Stampa, Emanuela Bernascone
Significativa in questo senso è la scelta dell’artista di “tornare” a distanza di tre anni su uno dei suoi lavori più importanti, intensi e poetici – il quarto episodio della serie dei Momentary Monument – realizzato nel 2012 a Kassel in occasione di dOCUMENTA (13). I nove elementi in cemento presenti in mostra sono infatti calchi dell’ingombro di alcuni oggetti che Favaretto aveva prelevato da un ammasso che lei stessa aveva disposto in modo da formare un immenso paesaggio di ferraglie precedentemente selezionate in alcune discariche della città tedesca. Gli oggetti prelevati erano stati quindi esposti su plinti in una stanza dall’allestimento museale, non lontana dalla monumentale catasta di ferraglia, per poi essere smaltiti alla fine della rassegna. I cementi, pensati in origine per sostituire fisicamente i ferri prelevati dal cumulo, diventano reliquie moderne di oggetti qualsiasi, scelti dall’artista per essere salvati dall’oblio. Disposti in modo ordinato in una porzione del pavimento della galleria i cementi assumono una nuova valenza scultorea che ripropone, amplificandola, la questione della loro provvisorietà e della loro ambivalente relazione con gli oggetti originali e con lo spazio (o tempo) da essi occupato.
A fare da contraltare alla solidità e alla maestosità dei cementi, nello spazio centrale della galleria vengono presentati per la prima volta tre lavori inediti, tavoli in legno sui quali l’artista è intervenuta riempiendo con polvere d’oro i fori e i camminamenti nascosti creati in precedenza dai tarli. Come in una reazione alchemica i tavoli, destinati nel tempo a essere letteralmente divorati dagli insetti, vengono così sottratti all’inesorabile processo di decadimento entrando in una dimensione temporale sospesa e incantata.
Si muove su un terreno analogo il trittico 032-212, ultimo lavoro di una serie iniziata nel 2010. L’artista interviene su dipinti abbandonati o trovati ricoprendoli interamente di lana e agendo in modo più o meno netto sul grado di visibilità delle tele, alle quali assegna successivamente un titolo che corrisponde al codice pantone del colore della lana impiegata per il rivestimento. Recuperando e archiviando dipinti per lo più anonimi e celandone in parte il contenuto visivo, Favaretto esercita su questi quadri una duplice azione di protezione e occultamento.
Come già accaduto per Di Blasi R7, lavoro realizzato in occasione della personale al MoMA PS1 nel 2012, l’artista realizza un esuberante intervento site-specific – Citroen LNA – che prende il nome dal veicolo – in questo caso un’automobile – da lei utilizzato per lasciare un segno tangibile, quasi pittorico, sulle pareti dello spazio espositivo. Le tracce e le ammaccature sui muri evocano la ripetizione allo stesso tempo ossessiva e ludica di un’azione che – nonostante l’elevato potenziale distruttivo – crea un legame visivo e armonico tra i lavori in mostra.
Galleria Franco Noero
Via Mottalciata 10/B – Torino
Fino al 30 maggio 2015
Lunedì e sabato 15-19
Dal martedì al venerdì 11 – 19