La galleria Il Ponte dedica, a distanza di cinque anni dalla precedente, una nuova mostra a Renato Ranaldi esponendo quindici di opere-dipinti Fuoriquadro ed un’installazione Axis.
Si tratta di una nuova serie di opere realizzate dall’artista negli ultimi tre anni di lavoro, in cui la “pittura scolpita”, già presente da molti anni nel suo lavoro, viene spinta verso l’esterno della superficie della tela preparata in bianco e si concentra in alcuni punti sui bordi del telaio. Qui si aggrappano addensamenti di colore realizzati con una lenta accumulazione di successive spatolature. «La cornice separa l’immagine da tutto ciò che non è immagine»: in queste tele, in assenza di segno e colore, l’immagine non è altro che la superficie vuota e la non-immagine è la pittura con valenze plastiche che si concentra sui margini dell’opera.
Col fuoriquadro Ranaldi rinuncia all’elemento narrativo dell’immagine e dichiara che la pittura non è ciò che si trova sulla superficie del quadro, stabilendo una sua nuova concezione plastico-spaziale. «…Ho prodotto e proiettato la vita simbolica di una visione: mi sono lasciato catturare da questa e, più mi sono fatto imprigionare, rinchiudere all’interno della concretezza dell’opera, più ho anelato al fuori, cercando di capire quello che l’opera mi tace.L’opera è solo la denuncia dell’opera…l’opera mi consegna dalla sua centralità alla centralità esterna del suo stesso segreto, verso l’esperienza di un vuoto dove, in assenza di segni, prolifero segni…».
All’origine della concezione spaziale dei fuoriquadro il concetto di “bilico” che pervade tutta l’opera dell’artista, nell’accezione dell’intenzione di «uno stato di rischio in cui porre le cose perché catturino la nostra attenzione».
Il nucleo delle “sculture a carica” (2003), in cui Ranaldi inserisce elementi fusi in bronzo con manovelle sui margini di tele, sbilanciandone il baricentro dell’opera, è alla base di queste nuove opere, ma anche di quelli che Ranaldi nomina Axis (2008), dove sull’assialità verticale in legno dipinto di blu o in canna di bambù si attanagliano fusioni in bronzo legate con filo metallico.
Renato Ranaldi nasce nel 1941 a Firenze. Nel corso degli anni Sessanta si lega a molti artisti che gravitano nella città di Firenze, tra i quali Eugenio Miccini, Giuseppe Chiari, Ketty La Rocca, Adolfo Natalini, Gianni Pettena, Roberto Barni. Sono gli anni dei primi viaggi in Europa (Inghilterra, Francia) e negli Stati Uniti. Con Andrea Granchi e Sandro Chia condivide l’esperienza del Teatro Musicale Integrale (1967-69). Nel 1968 avviene la sua prima esperienza cinematografica con Senilix, nello stesso anno ha luogo la prima mostra personale alla galleria La Zattera di Firenze a cura di Claudio Popovich. Nel 1971 realizza il Timparmonico. Seguendo una via personale, non influenzata dalle tendenze artistiche del momento – minimalismo, pop art, arte povera – entra negli anni Settanta con un repertorio di opere al di fuori degli schemi. Sono gli anni in cui stringe amicizia con gli artisti Fernando Melani, Luciano Fabro e con il critico Bruno Corà. Nel 1980 realizza l’Archetipo, “forma delle forme”. Nel corso degli anni Ottanta, con opere di grandi dimensioni, espone in numerose mostre pubbliche e private (Modena: galleria Mazzoli; Bologna: galleria Fabibasaglia; Macerata: Pinacoteca; Firenze: Sala d’Arme di Palazzo Vecchio, Villa Romana, galleria Vivita; Malmö: Konsthall). Nel 1988 viene invitato da Giovanni Carandente alla XLIII Biennale di Venezia con una sala monografica di scultura. Dagli anni Novanta, avviene un’ulteriore trasformazione nella sua produzione plastica attraverso l’utilizzo di laminati di zinco, rame, ottone, sotto forma di superfici o di nastri con piegature ottenute con modalità meccanica. Nel 1994 ha inizio il ciclo dei telai in legno di dimensioni varie, spesso dipinti col colore blu reale. Nella decade dei Novanta si compie altresì il ciclo della “pittura scolpita”. In questi anni si segnalano esposizioni personali in gallerie private e in musei in Italia (Ravenna: Pinacoteca comunale: Firenze. galleria Gentili; Perugia, Opera; Pistoia: Palazzo Fabroni; Carrara: Accademia di Belle Arti) e all’estero (Los Angeles: Convention Center; Parigi: Gran Palais, FIAC; Fresnes: Maison d’Art Contemporain Chaillioux; Vienna, galleria Christine König). Nel 2002 dà alle stampe il libro La misura. La rotazione, il ritorno, opera che emblematizza l’idea di crisi di identità artistica, per la nuova collana de I libri di AEIOU. Tra le esposizioni degli ultimi anni si ricordano quella del 2005 alla Galleria Il Ponte di Firenze, dal titolo Parusie, legata al volume curato da Bruno Corà con lo stesso titolo, vero repertorio del piccolo disegno. Nello stesso anno al CAMeC di La Spezia, col titolo Dispositivi per l’ora d’aria, presenta alcune grandi sculture-installazioni in cui è evidente il sentimento di ‘rischio’ derivato dal mettere in ‘bilico’ le forme. Nel 2006 partecipa alla XII Biennale Internazionale di Scultura a Carrara e presenta l’opera Bilico d’i’ciuho e la berva con i suoi arredi nella mostra Quijotesca, all’Instituto Cervartes di Parigi. Nel 2009 partecipa a Costanti del classico nell’arte del XX e XXI secolo, Fondazione Puglisi Cosentino, Catania e a Il Grande Gioco. Forme d’arte in Italia 1959-1972, Rotonda della Besana, Milano.
Inaugurazione: venerdì 18 febbraio 2011, h 18:00
G A L L E R I A I L P O N T E – arte moderna e contemporanea
Firenze 50121 – via di mezzo, 42/b info@galleriailponte.com