La prima personale di Jorinde Voigt a Milano e seconda esposizione dell’artista tedesca presso Lisson Gallery, presenta disegni di medie e grandi dimensioni e una nuova serie di Things to Wear decorate a mano, nate dalla collaborazione con Mads Dinesen, influente e giovane fashion designer basato a Berlino. Voigt disegna e dipinge evocative forme astratte, interconnesse da intricate linee di testo e movimento. La nuove serie attentamente realizzata a pastello, matita e inchiostro, si intitola Salt, Sugar, Sex e si riferisce trasversalmente alle funzioni corporee che cooperano nella produzione fisiologica di ormoni attraverso questi tre importanti elementi. Così come si riferiscono agli organi interni, i disegni di Jorinde Voigt evocano fiori in pieno sboccio, nervi connessi da steli o rami: d’altronde anche le piante sono governate da reazioni biochimiche che comportano l’assorbimento di stimoli e nutrimenti esterni per la produzione di enzimi necessari allo sviluppo cellulare.
Le opere di Voigt non solo sembrano funzionare a un livello metabolico, quasi molecolare, ma suggeriscono inoltre più ampie associazioni simboliche: i rossi e i rosa sgargianti rappresentano il calore e l’energia, possiedono risonanza emozionale con la passione. Come in natura, l’uso frequente che Jorinde Voigt fa di citazioni letterali o scientifiche lungo i suoi schemi disegnati, pone concetti come scienza, cultura, le spesso distinte attività artistiche e filosofiche, il pensiero e l’azione, in collisione. Il suo intrecciare decisioni e percorsi è il risultato di fattori conflittuali, tra i quali stanno i suoi stessi segni, i suoi gesti nel tempo e nello spazio. Questo concetto è evidente in una delle opere maggiori, Yes or No (Ja oder Nein), dove le linee rosse, interconnesse come arterie, simboleggiano un’esperienza o registrano il momento corrente: ognuna è infatti coerentemente nominata con il termine ˋNow’.
Voigt presenterà la sua prima collaborazione con il fashion designer di origine danese Mads Dinesen. Dinesen, che ha disegnato i modelli e recuperato i tessuti sui quali Jorinde Voigt ha applicato schizzi di pittura, intinge spesso le sue innovative collezioni di sfumature artistiche, spirituali e politiche. I kimono nati da questa collaborazione, intitolati Things to Wear I-V (quasi traduzione letterale del termine giapponese) sono vere e proprie co-creazioni che si muovono verso la produzione di oggetti estetici multifunzionali e trasformabili o addirittura verso “pitture indossabili”.
Voigt rende anche i soggetti più impenetrabili – inclusi, per questa mostra, il meccanismo biologico e i movimenti spaziali del corpo, la fisica quantistica e lo scorrere del tempo – delle eleganti strutture visuali, sebbene nella conoscenza che ognuno di esso ricerca sia sostanzialmente inutile. “La futilità non è una ‘debolezza’, né una ’meschinità’: è un segno forte: più una cosa è futile, più ha significato e ancora di più essa afferma sé stessa come una forza.” Roland Barthes, A Lover’s Discourse: Fragments, 1977.
L’artista
Jorinde Voigt incanala gli impulsi esterni e i movimenti fisici entro note grafiche complesse, mostrando ragnatele di pensieri, forme e parole. Ognuna delle sue griglie di linee e colori combina elementi derivati da gestualità fortuite con un ordinato empirismo, probabilmente suggestioni provenienti da partiture musicali o da sistemi codificati di classificazione. Le tematiche scelte provengono dai mondi della cultura, della scienza, della musica, della storia e della letteratura; il punto di partenza può essere il Faust di Goethe, il volo di un aquila (Adlerflug), una serie di passeggiate o un semplice bacio (Zwei küssen sich), in ogni caso i diagrammi a prospettive multiple di Jorinde Voigt prendono in considerazione per ogni soggetto la velocità del vento, la sequenza numerica di Fibonacci e le interazioni fisiche tra l’artista e i fogli sovradimensionati sui quali lavora. L’intensità e la spesso intenzionale geometricità della sua produzione segnica realizzata a mano, contraddicono l’eterea intangibilità di ogni opera suscitata dagli schizzi di oro o argento che respingono ogni ovvia comparsa figurativa, richiamando piuttosto le arcane incisioni contenute nei codici miniati. Scivolando nell’ambito dell’installazione scultorea, Voigt conserva i suoi processi temporali e strutturazioni sistematiche, creando oggetti che equivalgono a certi concetti non visivi come nel caso di Grammar (Grammatik) o Collective Time (entrambi 2010). Il suo desiderio di tradurre, trascrivere e registrare fenomeni essenzialmente incomunicabili – dinamica musicale, nozioni filosofiche, emozioni private e il suo personale monologo interiore – conduce non al caos, quanto piuttosto a una collisione tra il passato idealismo del modernismo categorizzante e lo sviluppo di una condizione universale post-moderna, all’interno della quale tutto è assolutamente interdipendente.
Lisson Gallery
Via Zenale 3, 20123 Milano
Dal 23 gennaio al 13 marzo 2015
Orari: Lun-ven 10.00 – 18.00 (chiuso 13.00 – 15.00) Sab su appuntamento