Ven. Nov 22nd, 2024

Andare a Istanbul oggi è uno stimolo per la mente, perché con un piede ci si getta nel futuro e con uno si rimane ancorati in un passato ricchissimo, sfarzoso e poliedrico. Inoltre, le contraddizioni di questa città popolosissima, di quasi venti milioni di abitanti, saltano subito agli occhi quando si passa da Fatih, con gli uomini in caffettano e le donne velate, al quartiere di Nisantasi con le ragazze dai capelli tinti di biondo e le borse dello shopping a tracolla, e con i giovani avvocati vestiti alla milanese.

Di Davide Fustini


Il fascino della città è dato dai suoi odori, dai rumori e dal traffico caotico e vibrante, dalla presenza del mare e dello stretto che divide l’Europa dall’Asia. In effetti Istanbul è l’unica città protesa su due continenti e se continuerà la sua rapida espansione, presto sarà anche una città su due mari.

I turisti che la visitano per la prima volta sono quasi obbligati a tuffarsi nel dedalo del Gran Bazar, che ormai è per la maggior parte uno spettacolo ad uso e consumo degli stranieri, a visitare le moschee principali, a mettersi in coda per ammirare i sontuosi interni di Santa Sofia, a prendere un vaporetto per godersi la vista della metropoli dal Bosforo. Tuttavia, a chi avesse più tempo, o a chi vi tornasse una seconda volta, consiglio di mettersi sulle orme di Sinan, l’architetto di corte del Sultano che nel corso della sua lunghissima vita ebbe il compito di abbellire la città (e anche parte dell’Impero) di moschee, ponti, bagni pubblici, fontane e mausolei. Quello fu il periodo di più grande sfarzo ed espansione della potenza Ottomana che coincise con il governo di Solimano il Magnifico, nel cuore del Cinquecento.

La storia di Mimar Sinan è affascinante, non solo perché si incrocia con quella di Solimano, ma soprattutto perché da membro scelto dei giannizzeri (la valorosa e crudele fanteria composta di soldati turchi reclutati fra i ragazzi strappati alle famiglie cristiane dell’Impero e fatti convertire all’Islam) riesce a divenire l’architetto principale del Sultano. La sua opera più importante ad Istanbul è la moschea di Solimano, imponente, maestosa e al centro di complesse costruzioni che in origine erano scuole, bagni pubblici, ospizi, ospedali, ma fra le sue moschee più particolari vi consiglio quella di Semiz Pascià sulla riva asiatica del Bosforo o quella di Rustem Pascià nel cuore del mercato delle spezie e proprio di fronte al Corno D’Oro, dagli interni ricchissimi di ceramiche di Iznik.

Quella che io trovo la più originale, però, è meno conosciuta dai turisti: la moschea di Mehmet Soqollu Pascià, che con la sua scalinata che dalla strada conduce allo spiazzo dell’elegantissima fontana, crea una spazio scenico degno degli architetti del Rinascimento Italiano. Infatti la particolarità di Sinan è dovuta alla fusione dello stile turco con quello che lui aveva avuto la possibilità di studiare e che veniva proprio dall’Italia. A conferma di questo, se vi rimarrà una giornata libera, prendete una macchina e spingetevi a due ore di auto da Istanbul, a ridosso delle frontiere bulgara e greca.

Entrate nell’antica Adrianopoli, oggi Edirne, e raggiungete il centro della città, dove campeggia, quasi come una fortezza medievale, la grande Moschea di Selim, dai colori caldi e dalla cupola maestosa. Questa è l’opera che Sinan stesso, quasi novantenne, considerò il suo più grande capolavoro. Aveva passato la vita cercare di eguagliare la grandezza di Santa Sofia (che seppur trasformata in moschea era considerata la massima creazione dei cristiani) e solo qui, più di mille anni dopo, riesce ad edificare una cupola dello stesso diametro dell’antica chiesa bizantina.

Chi ama girare per Roma a caccia dei volumi architettonici di Bernini e Borromini o per le città e campagne venete ad ammirare le opere di Palladio, proverà grande piacere nel riscoprire lo stile eclettico di questo geniale architetto turco, sempre in bilico fra citazioni che richiamano la raffinatezza italiana e il più autentico gusto ottomano.

Nell’arte di Sinan sono indubbiamente racchiuse le contraddizioni di una città (Istanbul) e di un popolo sempre in bilico fra Oriente ed Occidente. Ecco perché conoscere le sue opere apre una finestra in più sul mondo e sulla cultura turca, mai abbastanza conosciuti e in fondo sempre avvolti da un’aura di autentico mistero.