In epoca di comitati del NO, più politici che utili, è bello ricordare che un gruppo di cittadini riuniti in comitato può contribuire al miglioramento di un territorio. Raramente su “Il pensiero Artistico” pubblichiamo recensioni di libri, ma nel caso di “Paladozza e dintorni” dell’arch. Umberto Maccaferri sono ben felice di potere presentare ai lettori questo breve saggio che racconta la storia della zona di Bologna nei pressi della circonvallazione, lungo l’ultima cerchia muraria, tra Porta San Felice e Porta Lame.
Di Stefano Boninsegna
Il saggio è il racconto della partecipazione attiva di alcuni cittadini al governo di un territorio, una testimonianza, anche personale, che intreccia la storia dei luoghi alle persone, alla vita familiare, e un breve racconto dell’evoluzione urbanistica di un brano di città, con il suo tessuto e le sue emergenze architettoniche, che col tempo si sono evoluti nei modi connaturati alla seconda metà del Novecento italiano.
L’area di cui si narra era, fino al primo dopoguerra, ancora poco costruita, e i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale avevano contribuito a fare ulteriore spazio, se così si può dire. In effetti questo era il territorio dentro le mura rimasto più simile alle immagini della Bologna antica che illustrano, lungo l’interno dell’ultima cerchia muraria, la persistenza di ampie zone ortive ricche di canali.
Qui negli anni Trenta, con l’abbattimento delle mura antiche, erano sorti gli stabilimenti Fiat, poi demoliti nel dopoguerra per fare posto ad edilizia residenziale per l’epoca intensiva, c’era lo storico Ospedale Maggiore, anch’esso abbattuto e trasferito nel dopoguerra, si erano “tombate” le vie d’acqua, ma soprattutto questa è la zona di Bologna dove alla fine degli anni Cinquanta viene costruito il Paladozza – dal nome del Sindaco Dozza – un impianto sportivo (ora polivalente) che per l’epoca era di proporzioni notevoli per la città. L’ubicazione di una struttura di questo genere naturalmente rivoluziona definitivamente l’area, destinandola ad una fortissima speculazione edilizia di cui a Bologna non vi sono quasi altre testimonianze. In considerazione degli anni in cui venne costruito il Paladozza, non si parlava ancora di parcheggi e quant’altro, ma negli anni a seguire il problema delle auto si fece sentire al punto da dovere regolamentare gli accessi all’area che, ricordiamolo, è già dentro le mura. Questo è l’incipit che porterà Umberto Maccaferri a porre all’attenzione del Comune di Bologna lo stato di degrado qualitativo dell’area, che si era trasformata velocemente da zona ortiva, antica, a zona con edilizia intensiva, con tutti i guai che il boom economico si era portato appresso.
E’ del 1982 la prima petizione di cittadini per indicare i danni creati dall’uso del Paladozza, l’insufficiente presenza di verde urbano, la mancanza di iniziative per riqualificare l’area. Da questo momento l’attenzione di Maccaferri e dei cittadini si sposta in particolare sui giardini di via Nannetti, ovvero quello che rimaneva della Bologna ortiva antica, per preservarli a tutti i costi da una sicura distruzione tentata a più riprese dalla politica del Comune di Bologna, che cercava di riempire il più possibile i vuoti urbani senza mai parlare di speculazione ai suoi concittadini, ma di questo in effetti si trattava, sostenuti da un’idea implosiva e soffocata di città che porterà lentamente negli anni a frenarne lo sviluppo.
I giardini di via Nannetti nel 1982 erano più che altro un’area urbana semi-abbandonata, un po’ di prato e macerie risalenti addirittura all’ultima guerra. Il Comune ci avrebbe realizzato volentieri un parcheggio, anche nell’ottica di rilanciare l’uso del Paladozza, se non fosse stato per l’intervento provvidenziale dell’arch Umberto Maccaferri con la moglie Paola Oppi e altri loro concittadini che, riuscendo a guardare l’orizzonte, non solo l’attualità di una città a servizio delle automobili, a piccoli passi riuscirono a preservare lo spazio verde, a progettarlo, a riqualificarlo, a proteggerlo da future speculazioni. I giardini ex Nannetti, piccolo polmone per il verde e la psiche, sono ora “Decorato al Valor Civile”.
Questa brevemente è la storia vissuta in positivo da un gruppo di cittadini bolognesi che sono riusciti a migliorare il Governo della Città. Questo è un comitato che ha fatto proposte per il bene della collettività, non per miopi interessi politici o paura del nuovo. Questa è la storia di cittadini che hanno donato il loro sapere e la loro sensibilità per un obiettivo comune, che hanno disegnato, protetto e fatto la storia di un piccolo brano di città.
Un saggio preciso, storicamente argomentato, piacevole, da leggere e conservare.
“Paladozza e dintorni”, di Umberto Maccaferri
A cura di Raffaello Scatasta
Con testi di Luca Maccaferi e Raffaello Scatasta
Stampa: Nuovagrafica, Carpi, febbraio 2014
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