Gio. Nov 21st, 2024

Anish Kapoor | Non-­‐Object (Door), 2008 | Stainless steel 281.3 x 118.1 x 118.1 cm | © the artist; courtesy Lisson Gallery, London | Photo: Dave Morgan

In occasione della 14ma Biennale Internazionale di Architettura di Venezia, curata da Rem Koolas, Lisson Gallery e Berengo Studio presentano uno speciale progetto espositivo di sculture e installazioni che supera la dimensione museale per affrontare la complessa sfera dello spazio pubblico e dell’ambiente edificato.

Esistendo aldilà delle mura fisiche del costruito, l’arte pubblica può concorrere alla definizione del carattere del luogo nel quale si situa, anche instaurando un dialogo armonioso con l’architettura e il paesaggio che abita. In qualità di esperti committenti di opere d’arte contemporanea su larga scala, i curatori di Lisson Gallery, in collaborazione con Berengo Studio, esporranno sia all’interno che all’esterno dello storico Palazzo Franchetti di Venezia una serie di opere straordinarie realizzate da 19 artisti.

La mostra comprende modelli, sculture, disegni e progetti di artisti quali: Ai Weiwei; Daniel Buren; Tony Cragg; Richard Deacon; Spencer Finch; Dan Graham; Shirazeh Houshiary; Anish Kapoor; Richard Long; Tatsuo Miyajima; Julian Opie; Pedro Reyes; Santiago Sierra; Lee Ufan; Koen Vanmechelen; Joana Vasconcelos; Lawrence Weiner; Tokujin Yoshioka; Richard Wentworth; ognuno dei quali ha fornito un contributo significativo all’arte di dominio pubblico, attraverso opere che sfidano, completano e spiegano ciò che le circonda. In cambio, questi progetti, situazioni e sculture – in parte mai realizzati o realizzati solo temporaneamente – dovrebbero permetterci di apprezzare, contemplare e capire al meglio il mondo che ci circonda.

Il termine latino genius loci, originariamente riferito al presidio o alla divinità custode di un territorio, è ora usato per descrivere la particolare essenza e l’insieme unico di caratteristiche che contraddistinguono un luogo. Un’opera d’arte che aspiri a conquistare questo status, dovrebbe evocare metaforicamente l’atmosfera di un paesaggio, come accade nel lavoro di Richard Long, composto da frammenti di argilla raccolti sulle sponde di un fiume. Al contrario, i contatori LED e i circuiti interconnessi nell’installazione di Tatsuo Miyajima, riflettono la nostra esistenza digitalizzata e perennemente connessa. L’opera d’arte pubblica, inoltre, può farsi specchio delle strutture civiche e architettoniche che si ritrovano nelle città: i padiglioni di vetro e alluminio di Dan Graham, sono reminiscenze della tipologia architettonica del grattacielo, ma ricordano anche le stanze di sorveglianza a circuito chiuso; tramite il gioco di riflessi attuato dai vetri specchianti, la presenza del visitatore che si avvicina o attraversa l’installazione viene negata e subito dopo riaffermata. Allo stesso modo i sentieri di Daniel Buren, colorati a strisce alterne e ricoperti da una struttura a baldacchino, i cui pergolati si configurano come ingressi alternativi alla mostra, esistono in un luogo a metà tra l’artificio e l’architettura, la situazione e l’esperienza. I visitatori inoltre saranno trascinati nell’agglomerato di biciclette in acciaio inossidabile di Ai Weiwei che si erige nel giardino prospicente il celebre ponte dell’Accademia.

L’arte pubblica ha la possibilità di arricchire l’aspetto di un luogo, così come la capacità di risollevare gli animi dei cittadini che lo abitano, questo perché l’opera d’arte ambientale è in grado di interpretare l’anima e la storia di un territorio. Le sculture turrite e aggrovigliate in vetro e alluminio di Shirazeh Houshiary, sono oggetti che sembrano collegare la terra al paradiso, mentre l’incisione delle lettere S.O.S, simile a ferite inferte sulla sabbia del Sahara algerino, dal titolo Wold’s Largest Graffiti realizzata da Santiago Serra nel 2012 per la sua azione di protesta contro l’odissea del campo profughi Smara Refugee Camp in Algeria, suggerisce che l’arte pubblica può rispondere a un’urgenza di espressione politica, ma anche ottenere lo status di reperto archeologico. L’importanza del vetro in questa esposizione è ribadita dai lavori di Joana Vasconcelos, Tokujin Yoshioka e Koen Vanmechelen, opere prodotte da Berengo Studio che ha invitato gli artisti nel suo atelier situato da più di 20 anni nella vicina isola di Murano.

Una rassegna sul coinvolgimento di Lisson Gallery e dei suoi artisti in commissioni di carattere pubblico, sarà incorporata nel laboratorio progettato dallo studio londinese Carmody Groark. Questa dinamica installazione presenterà una serie di documenti – compresi bozzetti d’artista, disegni, video e fotografie – che raccontano i maggiori progetti outdoor. Il gruppo di opere esposte si estende dalla monumentale passeggiata lungo il fiume di Calgary, commissionata a Julian Opie, passando per il celebre Cloud Gate per il Millennium Park di Chicago realizzato da Anish Kapoor, fino alla delicata cornice di terracotta realizzata da Richard Deacon per Piccadilly square e i 700 pannelli di vetro colorato installati presso l’High Line di New York, progettati da Spencer Finch.

“Nel grande dibattito e nella lotta attualmente intrapresa da chi commissiona o controlla le tipologie di arte pubblica realizzate e visibili nei nostri centri urbani, non si dovrebbe mai dimenticare che l’arte e gli artisti dovrebbero prima di tutto preservare la propria integrità per attuare un coinvolgimento simpatetico con il luogo e la sua architettura. Al fine di creare luoghi piacevoli nei quali vivere e lavorare, dobbiamo per prima cosa costruire strutture simboliche ricche di significato che creino sinergie tra noi e il mondo che ci circonda. Quando gli architetti, gli artisti, i realizzatori e i pianificatori capiscono in pieno il significato di questo assunto, il risultato si manifesta con il carattere del genius.” Affermazione estrapolata da un articolo pubblicato su Blueprint Magazine, giugno 2014, di Greg Hilty, Curatorial Director e Ossian Ward, Head of Content, Lisson Gallery.

L’esposizione è a cura di Greg Hilty, direttore curatoriale di Lisson Gallery, l’iniziativa è stata promossa da Patrizia Spadafora, direttrice della Fondazione Berengo.

 

Palazzo Cavalli Franchetti, Venezia

Venezia, 7 giugno – 23 novembre 2014